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rapporto al cittadino carnot 311

facendo epoca ne’ fasti della gloria, hanno sorpresa l’Europa, han fatto curvare sotto il peso di nuovi allori gli eroi francesi, che, mentre producono la conquista della pace, facendo prostrare l’Austria a’ piedi della repubblica, alimentano i desidèri ed i voti delle anime libere d’Italia; codeste notizie, riscaldando l’entusiasmo de’ napoletani, quanto sono state loro fatali! Innumerevoli persone, che hanno mostrato una segreta gioia ed ammirazione, comandata dalla grandezza stessa degli avvenimenti, sono state vittime delle denunzie, che loro hanno scavato l’abisso. Cosí quei che sopravvivono all’incendio di Napoli sono scottati dalle caustiche ceneri. Cosí un popolo pieno d’immaginazione ed espressivo è divenuto timido e muto; ed i disgraziati napoletani sono nel caso di dire con Tacito: «Certamente abbiamo dato un grand’esempio di pazienza, e, come l’etá vetuste videro il piú alto grado di libertá, cosí noi siamo giunti all’ultimo periodo della servitú. Le denunzie e lo spionaggio ci hanno tolta la dolcezza di ascoltare e di parlare, ed avremmo perduta la memoria colla voce, se fosse in nostro potere cosí il dimenticare come il tacere»1.

La tirannia, non contenta di aver fatto piovere da se sola tante calamitá sopra quella nazione, per moltiplicarne il numero ha chiesto aiuto alla sua sorella, la superstizione, la quale con un cenno sconturba ed agita l’universo. Il fanatismo, che, come ministro della divinitá, commette i piú grandi delitti ed i tratti della piú barbara ferocia, senza ispirarne l’orrore e senza dar luogo a’ rimorsi; che, tiranno de’ cuori e superiore a’ sogli, fa il sacrificio della virtú, non ascolta il grido dell’innocenza, ed oppone a’ diritti imprescrittibili della natura la volontá di Giove irritato; il fanatismo, producendo una vertigine nelle menti, ha sparsa l’idea che il sistema di libertá sia diametralmente opposto

  1. «Dedimus profecto grande patientiae documentum, et sicut vetus aetas vidit quid ultimum in libertate esset, ita nos quid in servitute, adempio per inquisitiones et loquendi audiendique commercio, memoriam quoque ipsam cum voce perdidissemus, sí tam in nostra potestate esset oblivisci quam tacere». Tacito, Vita di Agricola, 2.