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appendice 277

XLVII


Progetto di Girardon1



Girardon, che comandava da Capua le poche forze francesi rimaste nel territorio della repubblica napoletana, non pensava come Manthoné. Credeva che Napoli non fosse né facile né prudente difenderlo, e pensava che, abbandonando Napoli, si potesse tentare di salvar la repubblica o almeno i repubblicani.

Quando le cose fossero giunte al segno di non rimaner altro che Napoli, conveniva abbandonarlo. Si trasportava in Capua tutto ciò che si poteva di munizioni da guerra e di attrezzi militari; ciò che non si poteva trasportare si distruggeva; gli altri castelli, inutili ed alla difesa ed all’offesa si abbandonavano; Sant’ Elmo solo rimaneva colla guarnigione de’ francesi; il governo ed i patrioti, che, nel caso del pericolo imminente, sarebbero stati moltissimi, sarebbero passati in Capua. Il ministro di guerra credeva di poter avere per questa operazione quasi diecimila patrioti; anche seimila sarebbero stati sufficienti. La guarnigione di Capua, per se sola insufficiente al perimetro della piazza, si potea rinforzare: il resto de’ patrioti avrebbe potuto formare un campo trincerato al Garigliano, e mantenere cosí la comunicazione tra le due piazze di Gaeta e di Capua e tra la repubblica napoletana ed il resto dell’Italia.

Si conservava cosí tutta quella gran parte della provincia di Terra di Lavoro che è dietro la linea delle fortezze fino a Venafro: operando di concerto coi patrioti di Roma, si poteano chiudere in mezzo e distruggere le insorgenze di Sora e San Germano, si conservava la comunicazione colla provincia del contado di Molise e della Puglia, e per mezzo della Puglia si comunicava colla Lucania; province dove il partito repubblicano era stato superato, ma non distrutto, e dove, anche vinto, era superiore al partito vincitore.

Le forze repubblicane si sarebbero riunite; le disgrazie e la necessitá le avrebbero fatto meglio dirigere. I repubblicani avrebbero incominciato a far ciò che fino a quel tempo fatto aveano

  1. Questo progetto fu con pochissima differenza proposto, anche prima, da Arcovito.