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è che, dove questi fanno le leggi per sicurezza loro, quelli le sottoscrivono per sicurezza de’ loro ministri. Ne viene da ciò che l’inquisizione sotto i princípi deboli è sempre piú estesa che sotto i scellerati: un ministro teme sempre piú persone che non ne teme un sovrano. Le leggi di maestá di Tiberio sono un nulla al paragone della legge «Quisquis». E da chi ci vien questa legge, che pure ha formato e forma la base di tutta la nostra giurisprudenza? Da Arcadio ed Onorio, da’ due piú imbecilli successori di Augusto, o, per meglio dire, da Stilicone e Rufino, loro ministri e loro padroni. Qual altro che Rufino potea dire esser reo di maestá colui che insultasse un consigliere del principe? Richelieu, che era il Rufino di un altro Arcadio, vi aggiunse che era reo di maestá anche chi accusava un ministro di accuse non vere o leggiere. Qual è quel sovrano di buon senso (non dico giusto), il quale voglia cosí togliersi ogni mezzo di sapere la veritá, che voglia rivolger contro di sé l’odio che forse merita il suo ministro, e che, per salvare il ministro, voglia perder se stesso? Eppure, perché, come diceva Cromwel, i figli di re tutt’altro sanno fare che regnare, essi hanno dichiarata la legge «Quisquis» legge eterna di Stato. E che fanno quando trovano un ministro come Acton, come Castelcicala? Non mancano di prestar la mano all’esecuzione della legge, cioè ai disegni de’ loro ministri. E si lagnano poi che, ad onta della loro police, della loro inquisizione, de’ loro arresti arbitrari, perdono i regni!... Un sovrano, che volesse regnare, stabilirebbe un’inquisizione contro i ministri suoi, e nel popolo ricercherebbe, non chi minaccia, chi congiura, per punirlo, ma chi è oppresso per sollevarlo, chi è mendico per soccorrerlo, chi è infelice per renderlo contento. Un tal sovrano regnerebbe come Iddio regna sull’universo: il suo trono sarebbe la giustizia e la pace, la pubblica felicitá sarebbe la sua legge, e la durata del suo regno sarebbe l’eternitá. Ma dove è questo sovrano, e lo loderemo?

p. 39 n., v. 1: Tra questi si conta anche Rousseau: sebbene la predizione di Rousseau sia un poco troppo generale, e tale che ognuno l’avrebbe potuto fare da se stesso. Rousseau dice meno di quello che avea detto il Tasso nella sua Gerusalemme conquistata.

p. 42, v. 12: I sovrani di Europa credevano esser re per volontá di Dio, e volevano regnare per volontá di Dio e non per amore de’ popoli. Un impero ch’era fondato su d’un’opinione, e su d’un’opi-