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frammento sesto 263

crescer le nostre forze, c’ispirerai l’amore del lavoro, schiuderai i tesori che un suolo fertile chiude nel suo seno, ci esenterai dai vettigali che oggi paghiamo per le inutili bagattelle dello straniero, ci renderai grandi e felici: e, senza esser né spartani né romani, potremo pure esser virtuosi al pari di loro, perché al pari di loro avremo le forze eguali ai desidèri nostri.

L’amor del lavoro mi pare che debba essere l’unico fondamento di quella virtú, che sola può avere il secol nostro. La cura del governo deve esser quella di distruggere le professioni che nulla producono, e quelle ancora le quali consumano piú di ciò che producono; e ne verrá a capo, se stabilirá tale ordine, che per mezzo di esse non si possa mai sperare tanto di ricchezza quanto colle arti utili se ne ottiene. Quando un cittadino non cercherá negl’impieghi la sua sussistenza, quando il servir la patria non sia lo stesso che far fortuna, come oggi si crede, voi avrete distrutti tre quarti della pericolosa ambizione. L’amor del lavoro ci toglierá mille capricci e mille debolezze che oggi ci disonorano, perché cangerá la nostra femminile educazione. L’amor della campagna, che succederá al furore che oggi abbiamo per la capitale, ci libererá da quella smania per le bagattelle della moda, per quel lusso tanto piú dispendioso quanto piú frivoli ne sono gli oggetti; e l’uomo impiegherá il suo superfluo in un lusso di arti, piú durevole, piú glorioso all’individuo, piú utile alla nazione. Le belle arti sono state gustate e favorite dai nostri ricchi in altri tempi, quando le loro mogli non consumavano in cuffie, in veli, in nastri, in vesti di un giorno tutto il superfluo e talora anche il necessario di un anno; quando la classe ricca non era, come è oggi, la classe degl’ignoranti, né si credeva ancora che la dottrina ed il gusto dovessero essere un mestiere per far vivere i poveri, anziché un dolce trattenimento per lusingare coloro i quali per favore di fortuna aveano diritto di rimanersene in ozio. Il lavoro ci dará le arti che ci mancano, ci renderá indipendenti da quelle nazioni dalle quali oggi dipendiamo; e cosí, accrescendo l’uso delle cose nostre, ne accrescerá anche la stima, e colla stima delle cose nostre si risveglierá l’amor della nostra patria. Amor di patria,