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imposizione personale avrá luogo nella nazione napolitana». Questo stesso, e colle stesse parole, era stato detto quasi tre secoli prima: quella legge era tuttavia in vigore nel Regno; ed intanto, ad onta della medesima, si pagava l’imposizione personale. In pochi luoghi si esigeva ancora sotto il nome di «testatico»; in molti si pagava ricoperta del nome d’«industria»; in moltissimi si pagava pagando un dazio indiretto sui generi di prima necessitá, che si consumano egualmente da chi possiede e da chi non possiede: ove in un modo, ove in un altro, il testatico si pagava dappertutto e non era in verun luogo nominato. La legge esisteva; ma l’abuso, cangiando le parole, faceva una frode alla legge.

Prima di riformare l’antico sistema delle nostre finanze, conveniva conoscerlo: la riforma dovea essere simultanea ed intera. Tutte le parti di un sistema di finanze hanno stretti rapporti tra loro e collo stato intero della nazione. Ma la maggior parte degli Stati di Europa erano nati, non dalle unioni spontanee, ma dalla conquista: il signore di un piccolo Stato avea oppressi gli altri con diversi mezzi ed in diversi tempi; per lo piú si erano transatti colle popolazioni, che avean conservati i loro usi, i dazi loro, i loro costumi. Una gran nazione non fu che l’aggregato di tante piccole nazioni, che si consideravano come estranee tra loro; ed il sovrano si considerava estraneo a tutte. Invece di leggi, si chiedevano «privilegi»; il sistema delle finanze non era che un’unione di diversi pezzi fatti da mani e in tempi diversi; i bisogni del momento, non essendo mai quelli della nazione, facevano sí che, invece di correggersi gli antichi abusi, se ne aggiugnessero dei nuovi; e tutto ciò produceva quell’orribile caos di finanze, in cui, al dir di Vauban, era grande quell’uomo che sapesse immaginar nuovi nomi per poter imporre un nuovo tributo senza alterare gli antichi.

Era venuta l’epoca fortunata della riforma; ma questa riforma né dovea esser fatta con leggi particolari, le quali o presto o tardi si sarebbero contraddette, né in un momento. Era l’opera di molto tempo. Sulle prime, per contentare il popolo, il quale fra le novitá è sempre impaziente di veder segni sensibili di utile,