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La congiura di Baccher, l’occupazione di Procida, i rapidi progressi dell’insorgenza aveano scossi i patrioti, e, nella notte profonda in cui fino a quel punto avean riposati tranquilli sulle parole dei generali francesi e del governo, videro finalmente tutto il pericolo onde erano minacciati. Il primo sentimento di un uomo che sia o che tema di esser offeso è sempre quello della vendetta, la quale, se diventa massima di governo, produce il terrorismo.

Il governo napolitano, quantunque composto di persone che tanto avean sofferto per l’ingiusta persecuzione sotto la monarchia, credette viltá vendicarsi, allorché, avendo il sommo potere nelle mani, una vendetta non costava che il volerla. Pagano avea sempre in bocca la bella lettera che Dione scrisse ai suoi nemici allorché rese la libertá a Siracusa, ed il divino tratto di Vespasiano, quando, elevato all’impero, mandò a dire ad un suo nemico che egli ormai non avea piú che temere da lui. Noi incontriamo sempre i nostri governanti, allorché ricerchiamo la morale individuale.

Ma molti patrioti accusarono il governo di un «moderantismo» troppo rilasciato, a cui si attribuivano tutt’i mali della repubblica. Siccome in Francia al «terrorismo» era succeduta una rilasciatezza letargica e fatale di tutt’i principi, cosí il terrorismo era rimasto quasi in appannaggio alle anime piú ardentemente patriotiche. Forse ciò avvenne anche perché il cuore umano mette l’idea di una certa nobiltá nel sostenere un partito oppresso, per vendicarsi cosí del partito trionfante che invidia: forse in Napoli si eran vedute salve talune persone, che la giustizia, la pubblica opinione, la salute pubblica voleano distrutte o almeno allontanate.

Ma vi era un mezzo saggio tra i due estremi. Il terrorismo è il sistema di quegli uomini che vogliono dispensarsi dall’esser diligenti e severi; che, non sapendo prevenire i delitti, amano punirli; che, non sapendo render gli uomini migliori, si tolgono l’imbarazzo che dánno i cattivi, distruggendo indistintamente cattivi e buoni. Il terrorismo lusinga l’orgoglio, perché è piú vicino all’impero; lusinga la pigrizia naturale degli