Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/84

VI

GIAMBATTISTA VICO E LO STUDIO DELLE LINGUE

COME DOCUMENTI STORICI

Io non parlo dell’opera che danno alla lingua i grammatici; opera, come la chiama Plinio, di amara, cavillosa e misera negligenza, e che non oltrepassa giammai né i confini di un secolo né quelli di una nazione. Quella lingua sará sempre la migliore che sará la piu grammaticalmente libera e la piú filosoficamente serva: cosí sará nel tempo istesso e la piú energica e la piú esatta. Quando si otterrá un tanto fine? Quando o i filosofi si vorranno occupar di lingue, o coloro che si occupan di lingue vorran diventare filosofi. 10 parlo di quello studio delle lingue che serve alla filosofia ed alla storia del genere umano. Questo studio è molto coltivato in Germania, in Danimarca, in Svezia, e pare che l’opera di Denina debba essere come una raccolta di tutte le ricerche fatte prima di lui.

11 risultato ultimo di queste ricerche sará la distruzione di tre quarti di quella parte delle nostre cognizioni che noi chiamiamo «erudizione». Le lingue che abbiam credute primitive incominciano ad apparire dialetti di lingue piú antiche: all’etimologia quasi meccanica, che finora abbiam seguita, si sostituisce un’altra piú filosofica e piú ardita, e questa nuova etimologia ci mostra altri popoli, altra successione d’idee, di costumi, d’imperi. L’istesso mondo diventa piú antico.

Quante idee che ci sembran favole incominciano ad acquistar qualche apparenza di verosimile! Olao Rudbekio, un secolo fa, scrisse un’opera intitolata /„’ Atlantica, per dimostrare che la Svezia era stata il paradiso terrestre, l’angolo della terra dove era stato composto di creta il primo padre di tutti i viventi, e che di lá eran partite tutte quelle famiglie, le quali, simili ai fiumi,