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IV

STATO e CHIESA (a proposito del concordato tra la Santa Sede e la Francia)

I

Render a un popolo la pace religiosa non è il minor titolo che un uomo grande possa avere alla gloria ed alla gratitudine de’ posteri. Tutte le dispute, che per varietá di opinioni insorgono tra gli uomini, è necessitá che finiscano, o per mutuo convincimento o per vicendevole stanchezza, quando il soggetto della disputa si sia riconosciuto frivolo. Ma non è sperabile né è desiderabile che gli uomini credan frivola una disputa che riguardi la religione; è difficile che vi sia convincimento in cose che superano non solo i sensi ma anche la ragione; e, per conseguenza, se non si ha il talento di non far sorgere la disputa, essa durerá ostinata, cd agli argomenti succederanno prima le grida, indi la forza, il sangue, il disordine e la distruzione. Il principe Eugenio diceva a Montesquieu che reterne dispute che ardevano in Francia tra la corte, il parlamento, il clero e la Santa Sede, avrebbero un giorno prodotta ruina maggiore di quella che si credeva. L’esperienza ha confermato ciò che quasi un secolo prima avea predetto l’uomo grandissimo, e chiunque ha osservato con occhio attento le vie della rivoluzione francese ha potuto riconoscervi le vestigie di quella divisione, che la bolla Unigenilus avea fatta nascer tra tutte le menti. La religione, in altri luoghi ed in altri tempi, ha perduta la metá dell’utilitá sua, ogniqualvolta, da soggetto di venerazione pel popolo e di caritá per i suoi ministri, è divenuta, e per questi e per quello, soggetto di contesa.

Nel decennio scorso la cura della religione era diventato un soggetto di disprezzo per coloro i quali, come diceva Federico