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tramonta: tra il bagliore del mezzogiorno io non avea potuto ammirar altro che gli effetti della luce; solo nella sera mi è dato contemplar l’astro che la dispensa.

Era io correttore de’ Bruzi. Cassiodoro era nella mia provincia. Chi mi potea trattenere dal veder Cassiodoro? Entrai nella sua stanza con quella venerazione colla quale si entra nel tempio di una divinitá. Mi ritornarono in mente i tempi ne’ quali Teodorico e Cassiodoro davan leggi a quasi tutta l’Europa, e tutta l’Italia, tranquilla al di dentro, rispettata al di fuori, benediceva i nomi di Cassiodoro e di Teodorico.

— Oh, come i tempi sono cangiati! — dissi io al venerabile vecchio. — Oggi tremiamo come foglie al solo nome de’ greci, de’ vandali, che sono nell’Affrica, de’ ..., e di chi no?

— La virtú di un uomo solo — egli mi rispose — passa colla sua vita: la sola virtú de’ popoli può render durevole la loro felicitá. Teodorico è morto, e con lui è morta la sua virtú: quella degl’italiani era giá spenta da molto tempo. Teodorico nulla trascurò per ridestarla. Egli non conosceva né la civiltá né le lettere de’ romani: che importa? Egli amava la sapienza ile’ loro maggiori e non avea la loro corruzione. 11 suo disegno era quello di dare ai suoi goti la civiltá de’ romani ed ai romani il valor militare de’ goti. — Amatevi a vicenda — diceva agli uni ed agli altri; — ricordatevi che voi non dovete da oggi in avanti formar che un solo popolo, perché uno solo è l’impero. Se sarete divisi, se nell’ Italia vi saranno due popoli, verrá da lontano un terzo che dominerá l’uno e l’altro. — E quello, che Teodorico prevedeva, avvenne di fatti. L’inquieto, infingitore. fantastico Anastasio mal soffriva che quell’Italia, la quale il suo predecessore Zenone avea per debolezza perduta, fosse posseduta da chi col suo valore l’avea acquistata. È vero che Teodorico tolse l’Italia non ai greci, ma a quegli eruli da’ quali essi erano stati giá vinti. È vero che la necessitá avea costretto Zenone a sottoscrivere un trattato, col quale riconosceva Teodorico per re d’Italia. Ma i vili non curano né ragione né trattati: essi non ascoltano che l’invidia. Anastasio immagina alcuni frivoli pretesti per infrangere il trattato. Si