Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/339

est civile, eflicimus» <*). I vari usi, i vari patti, le varie leggi degli uomini e delle cittá hanno una parte arbitraria; ma questa parte è rinchiusa tra alcuni limiti insuperabili della necessitá, oltre de’ quali s’incontra la barbarie o la dissoluzione della societá civile. I patti degli uomini possono modificare ma non distruggere la natura; e, anche modificandola, le modificazioni non sono senza ragione né senza effetti, o buoni o cattivi, sulla sorte delle nazioni.

Se, dunque, conoscere le diverse leggi de’ vari popoli è lo stesso che saperle paragonare, ecco dunque due paragoni che si offrono a fare. Il primo è il paragone delle leggi di un popolo colla giurisprudenza ideale; il secondo è il paragone delle leggi di un popolo colle leggi di un altro popolo. È nella natura della nostra mente che due cose non si possano paragonare tra loro se non si paragonino similmente ad una terza che serva di misura comune.

Ma un paragone, il quale ci faccia conoscere le differenze, sará interamente inutile, se nel tempo istesso non ci faccia conoscere e le cagioni e gli effetti delle differenze medesime; cioè l’influenza che hanno sulla sorte delle nazioni le modificazioni che gli statuti degli uomini fanno alle leggi della natura. Quali sono le cagioni di queste varietá? quali ne sono gli effetti?

Ecco il fine al quale deve tendere lo studio della giurisprudenza degli altri popoli. Questo è quello che chiamasi conoscere lo spirito delle leggi.

Montesquieu è stato forse il primo a considerar le leggi sotto questo aspetto, e la sua opera fará epoca nella scienza della legislazione. Essa sarebbe perfetta se, a creder mio, non le mancassero due parti principali, la prima delle quali è quella di non aver fissato l’ideale delle leggi positive; la seconda che, mentre ricerca le varie cagioni ed i vari effetti delle mutazioni e delle differenze delle leggi, le ricerca particolarmente, e non risale fino alla natura istessa della mente umana e della societá (i) Ulpiano, in Digesto , I, i {De iustitia et iure), 6 [C.].