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DALLA «STATISTICA DELLA REPUBBLICA ITALIANA» 281 vogliate spingere l’industria propria, è impossibile che essa possa accrescersi a segno da bastare all’aumento di tutti i bisogni. Un antico proverbio romano dicea che era cattivo cittadino colui il quale non sapeva vivere con due iugeri di terra. Ma qual divario tra li bisogni di Curio e di Fabrizio e quelli di Apicio e di Lucullo! Per quanto voi moltiplicate i prodotti della vostra industria, è impossibile che vi dispensino dalla necessitá di sorpassare il pomerio e di mettere a contribuzione, sia colle armi sia col commercio, un’altra porzione della terra. Con questo mezzo i rapporti tra le grandi nazioni si stringono ; si forma di tutta la terra una citta sola, di cui le varie nazioni non sono che tante famiglie: l’industria di ciascuna acquista un campo piú esteso, e si prolunga la vita di tutte. Siccome la societá ha non solo accelerato ma anche esteso lo sviluppo dell’individuo, cosí il commercio tra le nazioni ha accelerato lo sviluppo ed accresciuta la vita delle societá. Le scoperte di nuove terre, i nuovi campi aperti alla navigazione, la facilitá della vicendevole comunicazione han fatta diventar piú estesa questa cittá del genere umano. Le famiglie che abitavan l’antica Grecia esercitavano la loro industria in una cittá terminata dall’Eufrate, dall’ístro, dal Mediterraneo; piú estesa era la cittá in cui abitavano i romani; ampissima quella che abitiam noi.

Quindi noi abbiamo e piú feconde industrie e vita piú lunga. Si è cangiato finanche il principio fondamentale della legislazione. Gli antichi si proponevan sempre di conservar l’antica semplicitá de’ costumi e di opporsi ai nuovi bisogni, che potevan ben presto toccare il limite dell’impossibilitá e diventar corruzione: noi, al contrario, tentiamo sempre destar industrie nuove. E ritentar le antiche vie e le massime antiche sarebbe inutile, perché le vie a nuove industrie son sempre rperte; difficile, perché il vicendevole commercio offre sempre irresistibili cagioni di nuovi bisogni; dannoso, perché è sempre pien di periglio far delle leggi inutilmente dure e metter senza ragione la volontá generale in urto colla volontá individuale. Compiremo anche noi quel corso che l’ordine delle cose ci ha segnato; brilleremo e poi scompariremo anche noi. Qual