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di tali forme ed a quell’ insieme che ne risulta. Pare che gli antichi si occupassero pili di ritrattar gli animi che il corpo; e difatti, ad onta della varietá, è quasi impossibile ingannarsi nel riconoscere l’originale al quale appartengono i vari ritratti». Ma, anche a prescinder da tutto ciò, che cosa mai significa: — Questo ritratto rassomiglia o non rassomiglia? — e La parte fisica del nostro volto è soggetta a mille continui, istantanei cangiamenti»; noi stessi, nell’osservar le varie parti d’un ritratto, * siamo soggetti a tutti gli accidenti della luce e delle distanze»; c le stesse sensazioni, che internamente prova l’animo nostro nel momento che osserva un volto, alterano la sensazione che quell’istesso volto produce in noi»; senza poi discorrere delle persone alle quali ci lega affetto o consuetudine di vita, e delle quali, prima ancora del pittore’ abbiam giá fatto noi un’ ritratto piú o meno idealizzato, col quale, e non col vero originale, paragoniamo poi il ritratto dipinto. — Fatto vero è che dipinger ritratti è cosa assai difficile. A differenza dei pittori di altro genere, il ritrattista non può formarsi un concetto di un’azione da esprimere, e nemmeno, come, p. e., i pittori di paesaggi, congiungere o disgiungere con la fantasia oggetti che la natura ha disposti in modo diverso. Egli, piú che altri, deve raggiunger pienamente quel < bello ideale» di cui tutti discorrono, ma che nessuno poi s’è fatto a definire con esattezza. «Grazia», «bellezza», «energia» son parole e nulla piú: ottime in un inno, senza significato in un ragionamento. Io credo che la vera definizione del «bello ideale» si trovi negli antichi. Essi non avevano codesto nome; ma conoscevan la cosa, che indicavano con quella parte della pittura chechiamavan «morale» o «etica», e il cui soggetto era precisamente la parte morale dell’uomo. «Dar dunque la prima parte alla mente e saperla esprimere col minimo possibile sforzo esterno; fare insomma che l’uomo signoreggi nel quadro e che la mente signoreggi nell’uomo: ecco, a creder mio, in che consiste il vero, il solo bello ideale».

  • CLXII. — Sulla poesia. Framtnento di un mimo di Sofrone

tradotto dal greco (n. 70, n marzo).

Ultimo pezzo del XXVIII capitolo del Platone in Italia. Cfr. edizione Nicolini, I, 215-219.

  • CLXIII. — Necrologia del padre Fulgenzio Vitman, abate vallombrosano e professore di botanica nel Liceo di Brera (n. 82,

23 marzo).

  • CLXIV. — Libri nuovi (n. 83, 24 marzo).

1. Delle affinitá chimiche, lettera di Paolo Sangiorgio al dott. Carradori (Milano, Pirotta e Maspero).