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  • CXXIX. — Sul tentativo di Agostino Galli di sostituire, nella

fabbricazione della carta, la paglia di riso a quella di frumento (n. 130, 13 ottobre).

  • CXXX. — La morte di Socrate alio modo (n. 131, 14 ottobre).
  • CXXXI. — Armisi tipografici (n. 134, 17 ottobre).

1. Smith, Scienza della legislazione, traduzione italiana, tomo II (Milano, Nobile). 2. Denina, Rivoluzioni di Germania, tomo IV (ivi).

3. Tacito, Vita d’Agricola, tradotta da G. de Cesare (Milano, Salvi). •CXXXII. — Sul Banco di Francia (n. 146 e 147, 29 e 30 ottobre).

  • CXXXIII. — Traduzione, con aggiunte e note, di un Giudizio

sopra tre Istituzioni agrarie italiane , inserito nella Revue philosophique, n. 2 del 1805 (nn. 148, 150, 152; 31 ottobre, 2 e 4 novembre). Maravigliarsi che il padre Onorati affermi che di due cose soltanto debbano arrossire gli ecclesiastici: dell’ozio e dell’ignoranza, significa far torto all’Italia, c Si può dire senza timore di essere smentito di non esservi altra nazione in Europa, la quale abbia un maggior numero di opere sull’agricoltura e sull’economia rustica scritte da persone ecclesiastiche. Ciò che dice il padre Onorati non è nuovo in Italia: lo avean detto prima di lui e Tannoia e Monticelli e tanti altri anche piú antichi, tra’ quali l’immortai Genovesi ; nè l’avean detto senza profitto. Molti vescovi, tra’ quali l’arcivescovo di Taranto [Giuseppe CapecelatroJ aveano istituite delle cattedre di agricoltura ne’ seminari, ed imponevano ai parochi, specialmente di campagna, il dovere di istruirne coloro che eran commessi alla loro cura. E difatti, se il principal dovere di un ecclesiastico è quello di santificare, qual mezzo piú efficace vi è per render virtuoso un popolo di quello di rendergli l’agricoltura, la piú antica e la piú santa di tutte le industrie umane, piú agevole, piú fruttifera e piú cara? In quest’anno, tra i libri pubblicati in Italia, évvene uno scritto per combattere la massima che l’agricoltura convenga agli ecclesiastici. L’autore conta i suoi sessanta anni. Ha sospesa la circolazione del proprio libro, non per la massima che tendeva a stabilire, ma per un’espressione grammaticalmente indecente che vi era corsa. Che perciò? Non diremo che regni la peste in una gran nazione, perché un sessagenario è malato».

  • CXXXIV. — Isecoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento di G. B. Corniani, Brescia, tipografia dipartimentale, 1805

(n. 151, 3 novembre).