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ANNO SECONDO

(1805) LXXXIV. — Varietá (nn. i, 3, 7; 2, 7, 17 gennaio).

Si veda sopra, pp. 134-144.

LXXXV. — Favole sopra i doveri sociali ad uso de’ giovanetti del Perego, Milano, Nobile, 2 voli. (n. 6, 14 gennaio).

«Le novelle, avendo per attori degli nomini e per soggetto dei fatti nuovi, possono esporre lunghe serie d’idee e di ragionamenti, affetti complicati, azioni bene sviluppate: le favole non possono, per cosí dire, che sbozzare ciò che le prime dipingono. La favola corre rapidamente alla moralitá, vi mostra il solo effetto delle cose: la novella, dipingendovi i pensieri e gli affetti umani, ve ne scopre anche le cagioni. Quella v’insegna ad oprare, questa a pensare ed a sentire. La novella è per l’adolescenza, la favola per la fanciullezza, perchè è nella natura della nostra mente che noi prima osserviamo gli effetti e poscia le cagioni delle cose, ed è nella natura del cuore imparar prima ad astenersi dal male e poscia a produrre il bene. L’adolescente può meditare sui pensieri e sulle passioni altrui, perchè ha giá in sé ragione e passione; il fanciullo non ha che sensazioni, e di queste sole convien far uso per destare nelle tenere anime loro i principi della morale... Noi perdiamo nell’educazione molti anni, e forse i piú preziosi, perchè non si ha la cura di occuparci sempre di idee utili. Invece di mettere in mano dei fanciulli il libro delle Vergini o di Giosafatte (checché ne dica Rousseau), sarebbero utilissime le favole... Se l’educazione degli antichi era superiore alla nostra, ciò forse in gran parte si deve alla cura che aveano di metter per tempo nelle mani de’ loro giovinetti le opere de’ loro grandi poeti. I poeti eran per gli antichi i primi maestri della gioventú. E difatti sono i piú efficaci, perché son quelli che piú degli altri parlano alla fantasia ed al senso, sole facoltá che sieno attive ne’ fanciulli. Noi li opprimiamo colle insipide regole di una lingua morta, con un’umanitá inumanissima, con una rettorica insensata; e poi ci lagniamo che dalla nostra educazione non vengati fuori che grandissimi pedanti e picciolissimi uomini».

LXXXVI. — Il cittadino di repubblica di Ansaldo Cebá, Milano, Pirotta e Maspero (n. 12, 28 gennaio).

Utilissima la collezione di opere rare o poco note di politici italiani che s’inizia con questo volume. «Perchè nulla vi può esser di piú utile quanto il render piú comuni, piú certe, piú costanti le idee del bene e del