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I tempi che volsero sul finir del decimoquinto ed incominciar del decimosesto secolo, ad onta della gloria infinita delle arti e delle lettere, furono infelicissimi per l’Italia. Parve che il destino irritato accumulasse tutte le sciagure possibili sul di lei capo. Cadeva il commercio e la potenza veneziana. Ludovico il moro ed Alessandro sesto avean suscitata per privata ambizione una guerra, la quale fini col mettere l’allora vastissimo ducato di Milano, il Regno di Napoli, la Sicilia, la Sardegna in poter della Spagna. L’autoritá pontificia era attaccata da tutte le parti dalle novitá religiose; ed era facile prevedere che non avrebbe riacquistato mai piú l’antico potere. Il governo, che allora reggeva l’immensa monarchia spagnuola, era fondato sopra massime tali, per le quali fomentava l’ozio nella religione e nella nobiltá; ed in conseguenza adoprava le molle piú potenti sul cuore umano, quali sono la religione e l’onore, per avvilire e distruggere ciò che agli uomini è piú necessario; l’industria temeva le scienze e le perseguitava; e, non avendo forze sufficienti all’ampiezza dell’impero, distruggeva le provincie per conservarle. Tutto dovea decadere in Italia e tutto decadde.

Quelli li quali leggono le opere di Macchiavelli colla stessa attenzione colla quale leggono un romanzo, e quegli altri i quali lo giudicano senza averlo letto (come è avvenuto al padre Possevino ed a tutta la scuola gesuitica) credono che Macchiavelli abbia date lezioni di tirannide o abbia voluto rappresentar quella stessa parte che rappresentò Samuele al popolo ebreo. Io son persuaso che Macchiavelli non volle fare né l’una né l’altra cosa, ma vide i costumi e gli ordini de’ suoi tempi, e ne giudicò con una mente la quale era superiore ai tempi suoi, e che in conseguenza doveva esser per necessitá ammirata o biasimata, e sempre senza ragione, perché non era mai ben compresa.

Disputavansi allora il dominio dell’Italia la Francia e la Spagna. Le massime che seguivano eran diverse. La Francia desiderava il bene de’ popoli conquistati ; la Spagna li considerava come una preda, della quale era lecito usare ed abusare. Ma la Francia avea il torto di rimanersene sempre a mezzo nelle