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XX

L’AGRICOLTURA ITALIANA

NEL QUINTO SECOLO DI ROMA

Due lettere a Giovan Battista Gagliardi, compilatore della Biblioteca di campagna .

LETTERA PRIMA

Caro amico, mentre tu, colla tua Biblioteca di campagna , imprendi utilmente a migliorar l’agricoltura nostra, sia permesso a me trattenerti un momento sull’agricoltura de’ nostri antichissimi padri. Noi due rassomigliamo a que’ due architetti ateniesi rammentati da Plutarco, de’ quali uno recitò un eloquentissimo discorso per dimostrare come si dovea costruire un bel tempio, e l’altro, quando il primo ebbe finito, disse: — Tutto ciò, che egli ha detto, io lo farò. — Lo stesso Plutarco narra che gli ateniesi diedero la vittoria al secondo, ed io ti soggiungo che forse fu quella una delle pochissime volte in cui gli amabili ateniesi ebbero ragione.

Tu hai parlato, nella tua Biblioteca , dell’agricoltura de’ cinesi e degli egizi. Io ti parlerò deH’agricoltura degl’italiani. La lettura de’ tuoi articoli ha ridestate alcune idee, che giá avea avute in mente, sull’agricoltura de’ romani; soggetto vastissimo, trattato da molti ed eruditissimi uomini, ma sul quale io credo che rimanga ancora molto da dire.

Qual è lo stato dell’agricoltura di un popolo che noi non possiamo osservare da noi stessi? A questa dimanda sembra facile il rispondere, ed è difficilissimo. Ci contentiamo di raccogliere alcuni tratti degli antichi, i quali ora ci parlan dell’onore in cui l’agricoltura era tenuta, ora della fertilitá delle terre, ora dell’estensione della coltivazione; ma sempre con parole