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il regno de’ longobardi conteneva in sé i germi della sua distruzione. Carlo Magno lo distrusse per formarne uno nuovo. Egli però lasciò sussistere que’ vasti ducati de’ quali abbiam parlato di sopra, e lasciò nella successione quella stessa incertezza che avea cagionati tanti mali a! regno de’ longobardi. Le stesse cagioni produssero gli stessi effetti. Dopo pochi anni il regno d’Italia usci dalla famiglia di Carlo, ma non passò nella famiglia di nessun altro. Vari se lo disputarono: nessuno lo possedette per lungo tempo. Il titolo passò agl’ imperatori di Alemagna; ma questi, lontani, privi di forza, non poterono piú contenere quello spirito di divisione che i frequenti cangiamenti passati avean giá destato negli animi degl’italiani. Milano, Bologna, Verona, ecc. ecc., ciascuna delle cittá italiane si resse a repubblica. Credettero aver guadagnata l’indipendenza, e non si avvidero che avean perduta la forza. Ciascuno si ricordò solo di esser milanese, bolognese, mantovano; nessuno di esser italiano. Si udí l’uomo che innaffiava il suo campo coll’acqua dello stesso ruscello dire al coltivatore del campo vicino: — Tu sei un forestiere, — e ciascuno ripose il piú gran segno del suo patriottismo nell’odiar colui che parlava la stessa lingua, respirava la stessa aria, avea gli stessi costumi, ma non era cresciuto all’ombra dello stesso campanile. Che ne avvenne? L’ Italia fu sempre misera, perdette finanche la gloria de’ fiuti antichi: le nazioni vicine crebbero col favor dell’unione ed imposero alla stoltissima Italia un giogo di ferro. L’estremo de* mali produsse l’estremo del coraggio: le vittorie riportate sopra Federico primo e la pace di Costanza parvero prometter giorni migliori. Vane speranze! Gl’italiani eransi collegati, ma non eransi riuniti, e le invasioni e le lunghe guerre di Carlo ottavo, di Luigi decimosecondo, di Ferdinando il cattolico, di Francesco primo, di Carlo quinto, gl’inutili sforzi dell’audace Giulio secondo, le depredazioni degli svizzeri, il lunghissimo e pesantissimo governo spagnuolo ben mostrarono non bastare agl’italiani lo star collegati, ma esser necessitá lo stare uniti.

È degno da osservarsi che, tra tutt’i soprani i quali hanno avuti affari in Italia, i piú grandi hanno sempre nudrito il