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Oh! credimi pure: so ben io quello che farmi. Udieno Nisieli ha potuto far la satira nll’Ariosto e metterlo tra i corruttori della lingua italiana. E messer Lionardo Salviati non fece perdere il cervello al povero Tasso? Con settantacinque lire mi compro un vocabolario, e per Dio! neanche Omero sará salvo! — Che rispondere a quest’uomo? Mi contentai di dirgli: — Tu sei il piú stolto degli uomini, perché, invece di procacciarti fede nelle tue accuse, il che anche il calunniatore, se ha ingegno, deve saper fare, la perdi interamente con questi pettegolezzi, che la posteritá non cura. Qual è stata la sorte di tutti que’ criticastri, i quali tu hai presi per modello e per guide? Il vero bello non sta riposto in questi minuti dettagli che la posteritá né cura né può curare. Ma la improba cura di queste picciole cose produce due mali: il primo è quello di corrompere la giusta misura dell’importanza delle cose veramente grandi ed utili, onde avviene che, potendosi far «gran figura» con settantacinque lire, molti non ricercan altro; il secondo è quello di scoraggiare la gioventú. L’inurbanitá letteraria è figlia dell’ignoranza: i veri sapienti fanno censure, ma non satire.

Ed il miglior modo di render gli uomini «li lettere piú urbani è quello di farli filosofi invece di farne pedanti. — Eravi presente un originale, il quale da dieci anni avea detto a tutto il mondo che volea uccidersi e non si era ucciso mai.

Egli prese commiato recitando burbero i versi che Orazio par che abbia composti per uso de’ tagliacantoni : «O pater, o rex>, ecc. Io gli risposi con quei versi che Omero mette in bocca ad Ulisse, quando insegna a Tersite come si parla ai re. 13 marzo 1805.