Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/131

XV

GLI SCRITTORI POLITICI ITALIANI

Nel paragone de’ meriti letterari delle varie nazioni dell’Europa pare che all’Italia non si neghi la gloria di aver rigenerate ed elevate ad altissima perfezione le belle arti e le scienze fisiche e matematiche. Sulle scienze morali e politiche non vi è la stessa concordia. Si dice che esse sien nate tra gli oltramontani; e vi è anche qualche italiano il quale non dissente da tale opinione, e ne accusa or le vicende civili dalle quali è stata turbata l’Italia, or le idee religiose preponderanti bene spesso oltre il limite che la stessa religione avea segnato.

Io non so ammettere il fatto, e credo che, se gl’italiani negli altri studi han fatto molto, in questi studi morali e politici poi han fatto moltissimo, ed è forsi appunto quella parte dello scibile in cui rimangono ancora superiori alle altre nazioni. Rispetto anche io gli eminenti scrittori che vantano le altre nazioni ; ma il loro merito non è per me una prova che noi non ne abbiamo altri di merito eguale o superiore. Al contrario, il vederne i loro nomi quasi obbliati tra noi è una dimostrazione della decadenza in cui da qualche anno sono presso di noi gli studi severi.

Non parlerò dell’epoca anteriore a Macchiavelli. Allora noi non solo eravamo i migliori, ma i soli. Nella stessa barbarie scolastica surse tra noi Tommaso d’Aquino, il primo tra’ commentatori della Politica di Aristotele che meriti di esser letto; il primo forse che abbia assoggettate le leggi civili alli principi della ragione, e che le discussioni della scuola abbia trasportato dalle «quidditá» e dalle «qualitá > alla economia ed alla ragion civile; e forse entro quel suo frasario aristotelico vi sarebbe, come diceva Leibnizio, da scavar piú di quello che si crede. Le opere di questo grandissimo uomo meriterebbero