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LI

Di Cleobolo a Mnesilla

[Dopo la lettera di lei, la vita gli sembra piú lieta — È in procinto di partir pel Sannio.]

Mille volte ho baciata la tua lettera; in due giorni l’ho riletta mille volte. Ne sapeva giá tutte le parole; ma, per poterle sempre pronunziare, per non fare che il pensiero le involasse al labbro, per udirmele ripetere, quasi ne contava le sillabe... Ora me l’ho messa sul mio cuore, e nessuno la toglierá mai piú. Oh! come tutta la natura è divenuta per me piú lieta, ora che è ridestata nel mio cuore la dolce fiducia di esserti piú caro! Questo stesso meschino castelluccio, in cui mi ritrovo, e che è tanto sciaurato che lo stesso nome non può entrare in un verso; in cui si vende, ed a caro prezzo, la piú vile tra tutte le cose, l’acqua (*>; questo stesso castelluccio è divenuto ai miei occhi un angolo il piú ridente della terra. Qui io mi resterei eternamente, qui darei fine a’ miei giorni: con mia madre e con te, io preferirei questo meschino abituro alle superbe cittá protette da Minerva e da Nettuno... E qual giorno mi potrebbero rammentare Atene e Taranto tanto lieto al mio cuore, quanto quello in cui io per la prima volta ho udito dirmi da Mnesilla che mi ama? (i) Questo pare Voppidulnm di Orazio ( Sat i, 5): «Quod versu dicere non est... venit vilissima rerum heic aqua». Qua! era questo oppidnlumf Pare che non possa esser nessuno di quelli che gPinterpreti han nominati. Vedi PAppendice III.