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Addio, caro Platone. Se puoi, rispondimi qualche cosa e ti piaccia d’istruire un ignorante, il quale pur qualche volta, ad onta che non sappia nulla, dovrá esser direttore delle feste di quei buoni ateniesi. E voglia il cielo che qualche altra volta non mi facciano anche loro generale! Almeno, se non saprò diriger le feste, saprò parlarne nelle assemblee; e questo, pel popolo di Atene, è tutto. Poscritta. — Conosci Aristosseno, il figlio di Spintaro? (0. Egli è pittagorico in tutto, fuorché nella musica. Oggi è stato con noi in un crocchio, ove si è parlato della musica di Mnesarco. I parteggiani di costui gridavano che si dovean bastonar i direttori del teatro: gli amici dei direttori volean bastonar gli attori, mandar in carcere il poeta... — Non vi dolete di nessuno — ha detto Aristosseno — o doletevi del fato. La musica è detestabile; son molti anni da che è sempre tale, e tale continuerá ad essere per molti altri anni ancora. Abbiamo avuta la bella etá della musica. Vogliamo goderla anche oggi? Ritorniamo agli anni che piú non sono; divertiamoci colle musiche vecchie. Imitiamo gli abitanti di Posidonia, i quali, vinti dai barbari e costretti a cangiar leggi e costumi, hanno ottenuto in grazia che in un giorno almeno dell’anno sia loro permesso di vivere secondo i costumi antichi, e passano quel giorno tra le dolci ed amare rimembranze di ciò eh’erano e che piú non sono <*). — Ben sappiamo — disse uno — che la musica è corrotta: si tratta di restaurarla, ed a questo appunto travagliano i nostri savi. — Ed egli: — Ho capito: anche tu sei uno di quei i quali credono che Pittagora abbia dimostrato le leggi dell’armonia esser comuni alla lira ed alle stelle! Io venero moltissimo e Pittagora ed Archita e Clinia: son tutti miei maestri. Rispetto moltissimo la scienza de’ numeri e la credo opportunissima ad (i) O, come altri vogliono, di Mncsia. • (2) Aristoxenus, aptid Athenaf.um.