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qualche speranza ne’ bei giorni dei concili di Eraclea; ma oh quanto male giudica de’ veri sensi degli uomini colui che gli osserva in quelle numerose adunanze, nelle quali si obblia la patria, la casa, se stesso, e non si vuole il bene o il male se non a detto di tre, di due, talvolta di uno solo, che vale, ora per buone, ora per mali arti, un popolo intero! Ne’ concili tutti gridavano: — I mali che ci opprimono sono molti. — Agelade locrese disse: — È tempo di cangiar pensiero; — e tutti con grido concorde: — Viva Agelade! Memoria onorevole del detto di Agelade! È tempo di cangiar pensiero! — Ostilo (anche locrese): — Ci vuole virtú...; — e tutti: — Viva Ostilo! Virtú! — Archippo: — Salviamo la patria...;— tutti:— Salviamola! Viva Archippo! Si decreti ch’è urgente salvar la patria! — In dieci giorni si sono decretati quaranta casi di urgenza e seicento menzioni onorevoli. Archita intanto sorrideva; Ponzio, il virtuoso e rustico sannita, faceva piú che sorridere; io solo credeva, perché conosceva meno di loro l’Italia. Ed avendo un giorno comunicate ad Archita alcune mie osservazioni, dalle quali io traeva lieti augúri: — Filosofo — mi disse egli, — ma non ti avvedi che tu osservi da per tutto Platone? Per quanto sia grande la tua penetrazione, la malizia degli uomini è maggiore. Tu sei troppo osservato per poter osservare con facilitá. Al tuo cospetto tutto si compone alla platonica, ciò che si crede indegno di te si nasconde; e tu, straniero, lontano dal popolo, non hai né il tempo né il modo di riconoscerlo: desideri il bene, e lo credi facilmente sol perché lo desideri. — Son passato da Eraclea in Locri : ho riveduto Agelade, Ostilo, Archippo; ed appena si ricordano de’ concili di Eraclea! Ciascuno ha riaperto il suo cuore agli affetti della cittá, della casa, di sé. Le assemblee vagliono quanto il popolo le vuol far valere, cioè quanto vale lo stesso popolo; se gli oratori son troppo savi, corrono rischio di esser inutilmente lapidati. Quando un popolo commette la sua sorte ad un uomo, gl’impone il dovere di renderlo felice, ma nel tempo istesso ne impone a sé un altro di esser virtuoso; e questo secondo do-