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la buona mente per qualcuna eli quelle grandi sciagure, colle quali gl’iddíi sogliono correggere coloro che obbliano la saviezza ed abbandonano la virtú. Di’ in mio nome a Dione che rammenti il tratto del vecchio Dionisio, quando rimproverava a questo suo figlio ancor giovinetto una di quelle storditaggini che i giovinetti di famiglie ricche e potenti soglion commettere in fatto di donne. — Ti ho io mai dato un simile esempio? — gli dimandava il vecchio. — No — gli rispose il giovane; — ma tu non eri figlio di un re. — E tu, o sciagurato, oprando a cotesto modo, non sarai padre di re. — Lo rammenti Dione; e, piú che nell’opera mia, fondi le sue speranze nel vaticinio di un vecchio che conosceva gli uomini. Il padre di Dionisio era ingiusto, ma non lo era sempre, non con tutti, né permetteva mai che altri lo fosse in suo nome. Il figlio non solo è ingiusto sempre ed inutilmente, ma all’odio, che desta colle ingiustizie proprie, aggiugne quello che suscitano le ingiustizie de’ suoi, ch’egli tollera per indolenza. I miseri locresi e regini debbono soffrire l’avarizia, la lussuria, la superbia di diecimila stranieri, che mantiene al suo soldo nella ròcca di Caulonia (*>; di quegli altri, che mantiene in Phaebiab); di Filisto e di Nipsio, che comandano le flotte; e di chi no? E l’avvilimento, in cui questi miseri sono caduti, è tale e tanto, che, quando Dionisio tentò di unire i due mari per separare dal rimanente dell’ Italia quella parte ch’egli ne dominava, i locresi ed i regini concorrevano coll’opera delle stesse loro mani al buon esito di un’intrapresa che li privava del soccorso de’ loro fratelli, e che avrebbe forse avuto il fine desiderato, se i crotonesi, i lucani, gli stessi bruzi non l’avessero colle armi turbata ed impedita^). Il senso della giustizia potè nei popoli ancora liberi piú che non potè ne’ popoli servi il senso de’ propri mali! Io non so che sperare dagl’italiani. Si era pur destata (1) Diodoro siculo; Grimaldi. (2) Ibidem . (3) Diodoro; Giustino; Stradone.