Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/345

concependole come vere e proprie appendici al Platone ; ora come una succosa sintesi, da essere svolta piú ampiamente in un’edizione commentata dei frammenti di Parmenide (*); ora finalmente come un’ampia trattazione sulla storia filosofica, civile e politica d’Italia anteriore al quinto secolo di Roma(*); ma, comunque le delincasse, non riuscendo mai a dar loro forma organica. E non potevano assumerla chi rifletta che, dell’argomento, il Cuoco conosceva bensí quanto bastava a costruire un romanzo storico-politico o a gettar luce su questo o quel particolare; ma non lo dominava a segno da trattarlo sistematicamente in un’opera storica, per la quale, oltre il senso critico, di cui era largamente dotato, occorrevano anche particolari qualitá di filologo e d’erudito ch’egli punto non possedeva. Figurarsi, tra l’altro, che prese a trattar nuovamente la questione omerica, senza neramen vedere i Prolegomena del Wolf, che, pubblicati fin dal 1795, eran giá notissimi in Francia e in Italia mercé le recensioni del Caillard e del Cesarotti ( 3 ), e credendo ancora di Erodoto quella Vita di Omero , che giá il Vico non gli attribuiva piú (4). Anziché, dunque, prestar fede alla leggenda, secondo la quale le Osservazioni sulla storia d’Italia sarebbero state compiute nel manoscritto e poi date alle fiamme dall’autore medesimo negli anni bui della sua follia (1815-1823), è da ritener piuttosto che di esse, annunziate ancora nel 1808 come di lá da venire( 5 ), il Cuoco altro non mettesse insieme se non due lettere sull’antica agricoltura italiana, che fin dal 1805 aveva pubblicate (1) «Queste appendici — scrive il Cuoco iti uno di quegli abbozzi frammentari — queste appendici, e specialmente la prima, erano in origine piú lunghe. Il resto ha occupato spazio maggiore di quello ch’io credevo, e sono stato costretto a restringerle. Ho trasportato gran parte delle mie osservazioni nelle note ad un’operetta che ho In mente di stampare tra poco. Essa conterrá i frammenti che ho potuti raccogliere di Parmenide, che sou tali e tanti che forman quasi intero il celebre poema di questo illustre italiano. Né credo impossibile, con un poco di diligenza, restituir a tali frammenti il nesso e l’ordine che l’autore avea lor dato. In tal modo il lettore avrá sulla filosofía speculativa degli antichi un commento migliore di ogni mia osservazione. Ho tolto quasi tutte le conseguenze e le applicazioni e mi son contentato di stabilire i príncipi. Se avessi voluto estendermi in tutte le applicazioni, avrei dovuto fare un’opera immensa». (2) I11 un altro abbozzo: «Quest’opera era destinata una volta a servir di appendice al Platone in Italia : la materia è cresciuta di tanto che è stato necessario farne un libro separato». Cfr. del resto presente ediz., II, 267. (3) Cfr. Fausto Nicolini, Divagazioni omeriche (Firenze, Ariani, 1919), pp. 59, 92. (4) Scienza nuova seconda , ediz. cit., p. 765. (5) Scritti vari , II, 268.