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dubbio, egli potè ricevere dalla lettura delle opere del Galanti, dalle diuturne conversazioni col medesimo Galanti e col vecchio marchese De Attellis, e dal fervore che ponevan costoro nel sostener quella che s’è detta tesi tnunicipalista molisana. Ma, forse, a fargli assumer posizione risolutamente antagonistica contro la tradizione d’una Roma conquistatrice e imperialista bensí, ma al tempo stesso assorbitrice e datrice di civiltá, dovè contribuire sopra tutto l’unilaterale e perciò erronea interpetrazione di due passi della seconda Scienza nuova («). Nell’uno il Vico aveva detto che i romani conquistaron l’Italia e poi il mondo, perché avevano «ancor giovane l’eroismo», e cioè erano ancor barbari quando pei tanto piú civili popoli che li circondavano s’era giá iniziata un’epoca di decadenza; — nell’altro, che la storia tradizionale di Roma era il frutto dell’ incrocio di due nazionalismi : del nazionalismo d’un popolo conquistatore (il romano), che, vergognoso ormai delle sue umilissime origini, volle renderle pompose e auguste; e del nazionalismo d’un popolo conquistato (il greco), che seppe trar vendetta dei suoi padroni, ellenizzando la loro storia alla stessa guisa che quella di tutti i «popoli gentileschi». E chi percorra i parecchi articoli del Corriere di Napoli e del Monitore delle Due Sicilie, nei quali il Cuoco parafrasa o commenta le idee fondamentali del Piatone , ’s’imbatte in affermazioni come queste: che noi «ammiriamo Roma gigante e non la sappiamo bambina»; — che è «strano» che la lenta formazione dell’ impero romano «sia attribuita alla sola Roma, mentre è opera di tutti gli italiani abitanti di qua dal Tevere»;— che i romani, «i quali avean distrutto finanche la fama di quei popoli che avean assoggettati alla loro potenza», ci han tramandata, dell’Italia antica, uua storia che non è se non quella di Roma, «aggiunta la vanitá de’ greci, i quali pare che avevano transatto coi loro padroni di servire a patto che permettessero loro di mentire»; — che «la storia d* Italia è stata oscurata da’ romani e poi alterata da’ greci», gli uni «facendo della storia italiana una storia di Roma», gli altri «della storia dell’universo una storia greca»; — che «la storia d’Italia, quale ordinariamente si ha, non solo non è la storia d’Italia ma non è la storia di nessun popolo, perché nessun popolo può avere quel corso di avvenimenti che a’ romani de’ (1) Ediz. cit., pp. 125 (e cfr. p. 427, 11. 1) e 702 sg. (e cfr. p. 1080).