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filosofía, che le avrebbe sola potute paragonare alle cose, non vi era piú. Ma dobbiam sempre ricordarci che Aristotele non trovava Platone oscuro. Io mi trattengo forse troppo a lungo su questo esame della lingua filosolíca de’ greci, perché lo credo importantissimo. Platone non avea fatto che mostrar l’imperfezione della lingua antica e la necessitá della nuova. Ma tre quarti delle opere sue sono dirette piú a confutar errori che a stabilir veritá. A tale scopo era diretta principalmente la sua dialettica. Egli voleva distruggere ed i metodi e le parole de* sofisti. Aristotele fu quello che insegnò i metodi e le parole de’ filosofi. Estrema è la cura che egli ha della proprietá delle parole; quindi estremo l’amor della brevitá, qualitá che è l’effetto e la prova della perfezione della lingua; estrema la precisione de’ raziocini, talché egli stesso diceva i suoi libri non esser intelligibili a coloro che non aveanlo udito 0), cioè che non aveano appresi da lui ed i principi della sua filosofia e l’abito di ragionare. Queste doti però han nociuto alla fama di Aristotele come storico della filosofia piú antica. Il maggior numero degli uomini lo accusa di sincretismo e di mala fede. L’accusa di sincretismo si è data anche a Platone. Che cosa è mai sincretismo? Io confesso di non averlo potuto intender mai, a meno che non voglia indicare «ecletticismo»; ed in tal caso tutt’i grandi filosofi sono di loro natura eclettici. Difatti Brukero, per aver seguito anche egli nella sua Storia le antiche divisioni e gli antichi nomi, quando arriva a parlar della setta detta propriamente eclettica, trovasi imbarazzato, perché non può negare Platone, Aristotele, tutt’ i piú grandi esser stati eclettici anche essi (*). E come potrebbe esser altrimenti? Il vero spirito di setta vi può esser solo nella scienza delle parole. In questa scienza (1) Gkixius, XX, 5. Gellio noti dice altro che «iis soli *, qui nos audiuni , cogito scibi/es erutti». Io ho creduto potervi aggiugnere quell’interpretazione: in altro caso, la lettera che riferisce Gellio di esser stata scritta da Aristotele ad Alessandro, e nella quale leggonsi le sopradette parole, se mai è vera, diventerebbe ridicola. Si tratta di libri sulla rettorica. Non pare di aver bisogno della stessa parola di Aristotele per intenderli Difatti erano ben intesi da Cicerone, da Quintiliano, ecc. ccc. Ma. siccome sono pieni di acume, d’ingegno, di profonde osservazioni sul cuore umano, di sottili raziocini, i pedanti ue mordon poco. E dilatti nelle rettoriche del De Colonia, di Cygne, ecc. ecc.; o non vi è nulla di Aristotele, o vi è svisato, o vi è solamente il piú triviale [C.] (2) Brukkrus, llistoria critica , De seda eclectica , in principio [C.]