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opere cattive, avea conservate solamente le buone. Questo motto fu creduto vero, ed è falso. Il tempo non ha conservato degli antichi né conserverá di noi i libri migliori. La posteritá è giusta, e perciò conserva i grandi nomi. Ma i posteri sono stolti come gli antenati e, siccome è natura di tutti gli stolti, ammirano il buono ma ritengono ed imitano il pessimo. Io talvolta fingo tra ine e me l’ipotesi che una barbarie, simile a quella che altre volte distrusse i monumenti della civiltá greca e romana, ritorni di nuovo in Europa. Tale ipotesi a molti sembra impossibile; a me non solamente possibile, ma anche inevitabile. Ma, sia o non sia possibile, supponiamola per un momento, e vediamo quello che ne avverrebbe: cosí sapremo ciò che è avvenuto nell’altra. Vi sono in Italia i libri di Galileo ed il Prato fiorito del padre Rossignoli. Qual de’ due diremo che sopravviverá alle guerre civili e straniere, alle sedizioni, ai saccheggi, agl’incendi, all’ignoranza, all’oblio de’ buoni studi, che soglion precedere, accompagnare, seguire la barbarie? L’orgoglio risponde: — Galileo; — ma la ragione: — Rossignoli. — Del primo esistono appena diecimila copie, del secondo ne esistono cinquantamila; e, a circostanze eguali, è piú probabile che si salvi uno tra cinquantamila che tra diecimila. Dove sono le opere di Galileo? Nelle biblioteche pubbliche, nelle case de* grandi o de’ sapienti, i quali sono sempre le prime vittime di ogni sedizione. Il Prato fiorito rimane sicuro nella casa del paroco, del notaio del picciolo villaggio. I libri son simili ai principi, i quali ben spesso non si salvano da una gran disgrazia altrimente che scendendo dal trono e nascondendosi in una capanna. Ma concediamo anche l’ipotesi che una copia di Galileo si salvi. Crescendo con la barbarie l’ignoranza, chi mai ne avrá cura? Si narra, dell’imperator Tacito, che fece moltiplicare all’infinito le copie dell’immortale istorico suo antenato. Vane cure! Di Tacito non ci son pervenuti che frammenti, ed i Detti e fatti memorabili di Valerio Massimo, uno de* Prati fioriti de’ latini, ci son pervenuti interi. Aggiugnete, nella barbarie che è passata, una circostanza di piú, che rendeva il male anche piú grave. I libri di allora non erano simili ai nostri, poco atti ad ogni altro uso, onde avviene che molti se ne conservano anche da chi non li cura, perché non avrebbe altro che fame. Le pergamene radevansi, si nettavano e si adopravano per scrivervi delle altre cose. Ne’ secoli di mezzo molti codici di grandissimi scrittori antichi sono stati convertiti