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cangiamento. Ragioni per le quali il progresso in Italia è stato piú sollecito che in Grecia, ma in Grecia è stato piú universale che in Italia.

V

Osservazioni sulle favole che servon di base alla poesia omerica. Esse formavano un corpo molto piú vasto di quello che ci si è conservato coi poemi di Omero. Paragone tra le medesime e le favole che formano la massa de’ nostri romanzi e poemi di cavalleria errante. Tutte le nazioni, nel passar dalla barbarie alla civiltá, hanno e debbono avere questa massa che chiamar si potrebbe «mitologia eroica». Essa deve esser comune a molti popoli, e lo è difatti tanto l’antica quanto la moderna; e col progresso del tempo contribuisce ad alterare la storia delle origini delle nazioni. Dell’antica, i due poemi, che oggi abbiamo sotto il nome di Omero, non ci han conservata che una sola parte. Tutte le altre però erano state cantate egualmente, ed abbiamo conservati i titoli di molti altri poemi, i quali erano egualmente attribuiti ad Omero. I poemi omerici erano presso gli antichi molto piú numerosi che per l’ordinario non si crede. Non potrebbe essere che si chiamassero «omerici» tutt’i poemi i quali cantassero qualche parte della antica mitologia eroica? I dubbi, che si muovono contro l’esistenza di un Omero, unico autor de’ poemi che a lui si attribuiscono, vissuto nell’epoca che comunemente gli si dá, sono essi sciolti? Per qual ragione tanti scrittori di etá posteriori davano ai loro poemi il nome di Omero? È da credersi che tutti volessero imposturare, il che né era sempre facile, né era sempre nuovo; ovvero è da credersi che, dando ai loro poemi il titolo di «poemi di Omero», non abbiano inteso dir altro che «poemi omerici», cioè di soggetti omerici ? Gl’italiani, e specialmente i pittagorici, han composti moltissimi poemi omerici ed orfici. È probabile ch’essi sieno stati i primi a far conoscere o almeno a render comune in Grecia la cognizione di un Orfeo, il quale era un eroe simbolico. Le favole omeriche sono state cantate in Italia molto tempo prima che in Grecia. Perché de’ tanti poemi omerici non ne son rimasti che due soli?