Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/260

laci», perché sotto apparenza di bene portano gravissimi mali; altri «deprecanei», e minacciali pericoli senza effetto; «perentori», e distruggon le minacce de’fulmini precedenti; «attestati» si dicono quando coi precedenti concordano; chiamatisi «atterranei» quelli che cadono in luogo chiuso; «rovinosi» que’ che feriscono luoghi giá tócchi da altri fulmini, ecc. ecc. Alcuni fulmini scaglia Giove egli solo, ed ha diritto di scagliarli ; di altri non può disporre senza il consiglio dei dodici iddíi maggiori; i primi sono solamente di ammonizione e di consiglio, e possono li mali, che li medesimi annunziano, distornarsi colle preci; i secondi sono sempre di pena, e, neppure allorché giovano, giovano impunemente. Vi è un terzo genere di fulmini, di effetto anche piú grave, e sono quelli che incendiano una cittá intera e cangiano talora interamente lo stato di molte cose. E, per usar questi, non basta il consiglio de’ dodici iddii maggiori, ma convien udire il parere anche di certi altri iddii che chiamansi «velati». Favola opportuna a mostrare agli uomini, coll’esempio di Giove, che i re non debbono far altro che il bene, né debbono nuocer mai se non quando il nuocere è pena richiesta dalla giustizia ed è comandata dal consiglio di molti h). Ti ho giá detto, Cleobolo, che, dipoi che avresti udite tutte queste inezie, avresti dimandato: — Quanto tempo è stato necessario per ridurle in sistema? — Io non te ne ho accennate che una minima parte: chi potrebbe dirtele tutte? Or dimmi: non senti sorgere nell’animo tuo un pensiero, che ti dice: — Quanto ingegno si è inutilmente perduto in queste tenebrose indagini, ed a che non avrebbe potuto pervenire, se, convinti gli uomini che gl’iddii non chiedon da loro altro che l’adempimento de’ propri doveri, lo avessero rivolto alla utile ricerca del vero? — La religione corrotta, o miei amici, accelera la morte delle cittá. I popoli, errati una volta, vogliono ottenere il fineo senza i mezzi o con mezzi non opportuni. L’agricoltore trascura la fatica e, per ottener un abbondante raccolto, ricorre all’indovino; l’uomo di armi impoltronisce nell’ozio e, per ottener la vittoria, (i) Seneca, Naturales quaesttones , libro u.