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del Meandro, tentò ricuperare la perduta libertá, e molte ingiustizie commise contro i beni e le famiglie degli assenti W. Tale anche è stato il tempo degli Eraclidi, cioè quel tempo nel quale i grandi tentarono di riacquistar sulla plebe i diritti perduti : tentativi male augurati, perché contrari a quell’ordine eterno pel quale le idee non possono mai retrocedere, e che ebbero esito felice solamente in quelle cittá nelle quali e la plebe ed i grandi vennero tra loro ad eque transazioni. Tale fu Sparta. Nelle altre cittá or periron gli Eraclidi, or la plebe, e spesso la cittá intera. Ove uno de’ padri ha soverchiati tutti gli altri, per l’ordinario è nata la tirannide, e tutti que’ mali e quelle vicende che gl’iddii hanno addette per compagne e seguaci inseparabili di questa peste del genere umano. Or vedi tu questa lotta eterna tra gli ottimati e la plebe, tra i ricchi ed i poveri? In essa sta la vita non solo di Roma, di Atene, di Sparta, ma di tutte le cittá. Ove essa non è, ivi non è vita: ivi un giogo di ferro imposto al cittadino ha estinte tutte le passioni dell’uomo e, con esse, il germe di tutte le virtú, lo stimolo a tutte le piú grandi imprese. Al cospetto del gran re, nessun uomo emula piú l’altro: e che invidierebbe, se son tutti nulla? Quanto dura la vera vita di una cittá? Tanto quanto dura la disputa. Tutt’i popoli hanno un periodo di vita certo e quasi diresti fatale, il quale incomincia dall’estrema barbarie, cioè dall’estrema ignoranza ed oppressione, e finisce nell’estrema licenza di ordini, di costumi, d’idee. Nella prima etá i padri han tutto, sanno tutto, fanno tutto, posseggon tutto. Se le cose si rimanessero sempre cosí, la cittá sarebbe sempre barbara, cioè sempre fanciulla. È necessario che si ceda alla plebe, ma a poco a poco, ed in modo che non se le dia né meno né piú di quello che le bisogna: l’uno e l’altro eccesso porta seco o pericolosa sedizione o languore piú funesto della sedizione istessa. È necessario che il popolo prosperi sempre e che abbia sempre nuovi bisogni, perché questo è il segno piú certo della sua prosperitá. Guai a quella cittá in cui il popolo non ha (1) Platone, De legibus . Su questo corso delle nazioni vedi Vico, Scienza nuova; Pagano* Saggi politici .