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gli abbia domandato se potessero convenire ad Atene gli ordini di Roma. Peccato che neanche la lettera di Platone sia intera! 10 ritrovo ammirabili gli ordini che regolano i giudizi e dividono i poteri. Noi ateniesi commettiamo i giudizi al popolo o ad un numero di cittadini tanto grande e tanto poco scelto, che ben si può anche esso chiamar popolo. Qual meraviglia che tra noi frequentissime sien quelle sentenze, le quali ci farebbero arrossire, se fosse piú capace di rossore quella cittá nella quale il giudicare è divenuto un mestiere che si esercita per tre oboli a sentenza? Forsi in Roma ed in tutta l’Italia Socrate non sarebbe stato condannato a bever la cicuta. 11 popolo non è mai atto a decidere quelle cose che richieggono animo non occupato da veruna passione. Le numerose assemblee servon solo a render comuni le passioni di pochi. Proponete alle assemblee popolari que’ soggetti nei quali l’entusiasmo non può produrre verun dannoso effetto: parlate di pace e di guerra, e fate che il popolo stesso le risolva o le sancisca; cosí voi lo avrete ed in pace piú tranquillo ed in guerra piú coraggioso e piú sofferente de’ disagi; parlategli della scelta de’ suoi magistrati, perché non s’inganna mai ne’particolari. Ma non sia permesso a chiunque di parlargli di tutto. La nostra repubblica è stata perduta dai Cleoni e da tanti altri oratori, nuovi, stolti, fanciulli. Non sia permesso di convocare il popolo se non ai magistrati (0. Ricordati del sublime detto di quello spartano, il quale, avendo udito nel pubblico concilio proporsi un parere onesto da un uomo di perduta fama, disse: — Questo stesso parere si proponga da un altro. — Tanto quel savio credeva pericoloso concedere, anche a fine di bene, il diritto di proporre il male! Piacemi che nei concili non si dia voto ai giovinetti. Qual bisogno possono aver mai di parlare, quando i loro interessi sono commessi ai padri loro? Ecco che tra noi, per voler seti) Livius.