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142 | platone in italia |
posson fare, ma tutto possono impedire: l’editto di un console, la stessa consultazione del senato riman inefficace se un tribuno si oppone, né può mandarsi ad effetto se prima l’affare non siasi proposto al popolo. Hanno giá ottenuto che tutto ciò, che il popolo risolve ne’ comizi tributi, leghi anche i padri; cosa che prima non era, e che ha cangiati interamente tutti gli ordini pubblici di Roma. I tribuni han distrutta l’opera di Servio Tullio; i comizi curiati non si convocano piú se non per alcune, piuttosto cerimonie, che affari; i centuriati rimangono solo per l’elezione di alcuni magistrati maggiori. E questo ritarderá in parte la corruttela, la quale è piú facile ad insinuarsi nelle elezioni e ne’ giudizi che nelle leggi. Prima che un popolo si corrompa a segno da far leggi insensate, avrá eletti molti cattivi magistrati e pronunziate molte ingiuste sentenze.
I tutori della plebe sono stati, come suol sempre avvenire, piú caldi, piú attivi, piú efficaci dello stesso loro pupillo. Dalla loro creazione fin oggi non è passato anno senza che abbiano ottenuto o chiesto un nuovo diritto; e degli ordini presenti di Roma una picciola parte è effetto del tempo e del corso inevitabile delle cose, e la grandissima è tutta opra dello zelo o dell’ambizione de’ tribuni.
Devesi al tempo il numero accresciuto delle magistrature. Esteso l’imperio e moltiplicate le cure della pubblica amministrazione, quell’autoritá, che prima era tutta intera affidata ai soli consoli, è stata necessitá dividere tra molti altri magistrati novelli. Da questa divisione dell’imperio consolare sono nati i censori, supremi correggitori de’ costumi, autori e custodi del censo de’ cittadini, ispettori del pubblico erario, commesso a’ magistrati inferiori, chiamati «questori». Essi nominano i senatori con una legge, per la quale, se insufficienza di beni o perversitá di costumi non si opponga, si chiamano in senato tutti coloro i quali o abbiano esercitate alcune delle principali magistrature o abbian fatta qualche azione utile alla patria1. La somma de’ beni, che per entrar in senato la legge richiede, è</references>