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lxiv - storia e costituzione di roma 137

sempre a dar sicura vittoria a qualunque o del re o del senato gli piacesse unirsi; pronto a seguir quello di due dal quale sperava beni maggiori... Che ci rimane a fare? Vogliam corrompere questi ordini, onde la storia sia maestra non solo di ciò che è da imitarsi, ma anche di ciò che è da fuggirsi?

Immaginiamo un delitto nella casa del re; e tosto o tardi esso corromperá il regno intero. I figli di Anco erano stati privati del regno da Tarquinio. Il senato ed il popolo, al nome del padre, unico titolo che vantavano i giovinetti, preferí il senno e la virtú di uno straniero. Un regno perduto per viltá mal si tenta riacquistare con una viltá maggiore. Vi è una giustizia da seguirsi anche da chi vuol o acquistare o ricuperare un regno. Ma i figli di Anco, degeneri figli di tanto padre, si volsero al tradimento; spedirono de’ sicari, travestiti da pastori, per uccidere Tarquinio nell’atto che amministrava giustizia al suo popolo. Che importa sapere se Tarquinio morisse? I vili perdettero per sempre il regno, ed anche l’ultimo diritto che rimane ad un regno perduto, la pietá de’ popoli verso un re il quale per malaugurati e stolti tentativi non siasi ancora mostrato inetto a ricuperarlo. Un uomo, e fu quel Servio di cui giá ti ho detto, nato in condizione servile, ma di animi alti, prudenti, regi, il quale avea giá ottenuta in moglie la figlia di Tarquinio, ne ottenne colla sua virtú anche il trono.

Confermò Servio colla sua fortuna una massima troppo trascurata dai potenti, cioè che essi sono piú degli altri interessati a non dare esempi di delitti. Imperciocché i delitti, troppo spesso ripetuti, distruggon l’ordine e la concordia, la quale forma la sola forza dei grandi. Le leggi, gli ordini pubblici, i costumi riuniscono sulla testa di un uomo solo il valore, la prudenza, la virtú, i nomi, gli averi de’ vari uomini e di molti secoli, e ne formano un gigante. Distruggete gli ordini, i costumi, le leggi; separate un uomo dall’altro: tutta quella forza, la quale nasceva dal consenso di tutti, si distrugge e non rimane che la forza dell’individuo. Chi perde allora tutto? Il grande: egli solo ha che perdere. Chi vince nel primo momento? L’audace. L’audacia è forza ove tace giustizia. E gl’iddii di tempo in