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LXIII

Di Cleobolo a Platone
Ragionamento de’ legati
Pregiudizi e spirito pubblico de’ romani

[Fede dei romani nel destino di Roma — Guerra contro i Galli — Esito della guerra di Chiusi — L’assedio di Roma — Camillo — Un pregiudizio forma un matto: dieci formano un eroe — Pregiudizi funesti e pregiudizi utili alle nazioni.]

I legati romani son due buoni e valorosi uomini; modesti quando parlasi di loro, orgogliosi quando parlasi della loro patria. Appartengono per parentela alle prime famiglie di Roma; ambedue ornati di molte corone, premi della loro fortuna, e di molte ferite, segni piú certi del loro valore militare. Eppure, se tu li lodi per tutte queste cose, ti rispondono in Roma esservi mille altri i quali vaglion piú di loro; parla di Roma, e la prima parola che ti dicono è: un’altra Roma non esservi in tutto il mondo.

Essi credono, e fermamente credono, che la loro cittá debba essere un giorno la padrona del mondo intero. — E come no? — mi diceva uno di loro. — Marte lo ha promesso in nome di Giove al suo figlio Quirino, fondatore della cittá nostra. I libri sibillini, che in Roma il senato fa conservar con tanta religione, lo attestano. Volete di piú? Quando, sotto il governo dell’ultimo de’ nostri re, si volle edificare il Campidoglio, tutte le statue de’ numi dovettero levarsi dalla loro sede: il solo dio Termine rimase immobile, né tutte le forze umane valsero a levarlo. — Buono