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Intanto la scuola italiana (forse negli antichissimi tempi, de’ quali si è perduta la memoria, avea compito anche essa il corso della greca: non si giunge alle idee senza prima passar per li sensi), la scuola italiana moveva le sue filosofiche ricerche dalle regioni dell’intelletto. Primi gl’italiani diedero opera alle matematiche, e ne fecero un istrumento principale della loro filosofia1. Separarono ciò che appare da ciò che è: nella loro mente non rimasero che idee, ed ogni idea fu inseparabile da un numero. Non ti pare che questa sia la piú sublime veritá che abbia scoperta l’ingegno umano? Fingi un uomo, il quale abbia due volte sole la stessa sensazione: nel secondo istante delia sua vita egli giá avrá l’idea del numero. Fingine un altro, che abbia due sensazioni diversissime: avrá l’idea del numero. Spoglia una sensazione da tutte le sue qualitá: il numero vi rimarrá sempre, perché il numero è inseparabile da tutto ciò che esiste. Il numero fa si che un’idea sia una e non altra; pel numero, e pel solo numero, le cose simili si distinguono, e si paragonano le dissimili. Quindi la matematica è divenuta per i pitagorici la scienza che insegna a separar dalle cose sensibili tutto ciò che è apparente, per considerarvi solo ciò che è reale; a paragonar le cose simili e le dissimili, trovando anche per queste una misura comune: la sola matematica è la scienza delle essenze delle cose, perché in tutte le cose, tolto tutto ciò che è apparente e passaggiero, non altro che il numero rimane di immutabile ed eterno2.

Paragona questa matematica a quella che ne abbiamo noi altri; noi che ancora la chiamiamo «geometria», quasi l’uso della medesima fosse ristretto alla sola misura de’ campi!3. Prima che Teodoro ci recasse la scienza degl’italiani4, i nostri dotti dicevano che Talete avea scoperta la proprietá del

  1. Aristotele, Metaphysica.
  2. Plutarco, Quaestiones Platonicae.
  3. Platone, Epinomis.
  4. Questi è Teodoro cireneo, pittagorico, espulso dall’ordine, maestro in Grecia di geometria, amico di Socrate, nominato più volte ne’ Dialoghi di Platone, e specialmente nel Teeteto. Vedi Fabricius, Bibliotheca Graeca, vol. i.