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damente unita. E chi oserà dire, in nome di Dio, che noi non siamo una famiglia, e che non combattiamo come una sola famiglia? Questa guerra ci fu imposta e una guerra più crudele non fu mai combattuta.

Il nostro focolare domestico è in pericolo, le nostre mogli, le nostre famiglie sono minacciate; gli assassinii brutali commessi su gente innocente nel Belgio, ci mostrano assai chiaramente di che cosa sia capace la Germania. Non è questione di prosperità, di conquista o di commercio: noi stiamo combattendo per la libertà e per la salvezza delle nostre case. Dico e ripeto che piuttosto che cedere al barbaro capace di commettere gli eccidi brutali approvati dal Kaiser, io vorrei vedere estinguere la mia famiglia e perire ogni cittadino dell’Impero Britannico.

E quando giungemmo a capire tutto ciò, noi ci unimmo in un sol fascio. Abbiamo avuto le nostre questioni in famiglia, questioni talvolta assai vive, ma in fondo avevamo tutti di mira un interesse comune: il benessere e la sicurezza della nazione. Io mi ero spesso burlato dei bellimbusti di Piccadilly; ma quando vidi che costoro, i quali possedevano tutto ciò che poteva dar loro l’agiatezza, rinunziarono a tutto per combattere per la Patria e per andar a morire nelle trincee a fianco dei nostri ragazzi di Poplar, allora li amai e li rispettai.

Noi ci ritrovammo tutti là nell’ora del pericolo; ed è così, oggi, come allora. Questa non è una guerra promossa dal Governo: è una guerra del popolo. Ci siamo tutti: il contadino, il fabbro, il falegname, il costruttore di navi e il benestante, ecc. Siamo tutti uniti e saldi perchè stiamo combattendo per la libertà e per salvaguardare la purezza dei nostri focolari.

I nostri soldati sono veramente ammirevoli. Si ar-