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348 REPLICA ALLA RISPOSTA

è fatta per associare, non per disgregare; la strada è un’impresa d’ordine economico, e non una questione di pronuncia e di dialetto; la strada è un mezzo di guadagnar denaro ai privati, e floridezza al paese; al che non vale guardar l’atto di nascita degl’ingegneri. Che la soscrizione si sia cominciata in due luoghi, è pur troppo vero; ed è il peccato originale dell’impresa, la quale senza ciò sarebbe assai più inoltrata. Quanto più presto questo peccato si lavi e si redima, tanto meglio.... Quando si pensa che altri è il primo soscrittore, altri il compratore e stabil proprietario delle azioni si vedrà che, appena siasi data la spinta alla cosa le due simmetriche provincialità spariscono, e vi sottentra un aggregato indistinto di capitalisti d’ogni stato e d’ogni nazione. Allora invece di due consessi, sottoposti alla necessità di farsi delle riverenze e spedirsi dei protocolli, si avrà una direzione unica, compatta, risponsabile, che, lasciate da canto le etichette, cammini sulla strada nuda nudissima degli interessi.”

Era impossibile che una si vasta impresa si potesse compiere in tutte le sue parti e in brevissimo tempo da una sola mente; v’era una vastissima livellazione, scelta di materiali, studio di ponti difficilissimi, di stazioni, di gallerie, di terrapieni; v’erano stime, compensi, appalti; si richiedeva perizia di machine e di combustibili, e in mezzo ai lavori bisognava sviluppare il successivo esercizio delle sezioni compiute, in paese privo d’avviamento e d’esperienza. Ora lo studio d’un terreno è ben altra cosa che l’architettura d’una stazione, o il governo d’una locomotiva; sono offici ancora aggruppati sotto il nome dell’ingegnere, ma che costituiscono pratiche affatto distinte. Frattanto dovevano distribuirsi tutti con opportunità, in modo che le speciali attitudini trovassero men difficile il trapasso dall’antico al nuovo e tutte le parti si movessero con ordine ed unità. Il distributore, l’ordinatore, l’unità, si doveva chiamare ingegnere in capo; ma dall’officio di capo non doveva mai discendere a quello di mano o di piede: doveva rinunciare ai giovani le minute glorie dell’arte; e in tanta immensità di spazio non erano “le sue gambe” che con superficiali e precipitose corse si dovevano “rompere tra i colli di Lonato e Castiglione”.