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NOTE 277

NOTE 277 e questi non lo disinganna più, e gli risponde burlescamente, facendolo sempre più ingolfar nel malinteso. Pag. 216, v. 3. - Quando c’era bisogno di quattrini, Atene mandava navi per esigerne da amici e nemici (Tucid., II, 69.111, 19, IV. 50). Aristofane fa risalire la responsabilità di tali incursioni, quasi piratesche, all’odiato Cleone. Pag. 217, v. 5. - Il testo dice: Il Nume ti disse di evitare Cillene perchè il Paflagone porge sempre la mano cava (kyllf) per farvisi mettere roba. Lo scherzo, come si vede, non è molto arguto neppure nel lesto. Adombrandolo, come ho fatto, si perde l’altro giuoco dell’allusione a Dioticonvince. che del resto non è troppo chiara. Pag. 217, v. II. - Ecbatana, la principale città della Media, era per gli Ateniesi come un paese di Bengodi. Pag. 218, v. 12. - Incognito! s’intende che dovè essere qualche accolito di Cleone. Pag. 225, v. 4. - Parodia di un celebre passo d’una elegia di Solone. Pag. 225, v. 10. - Credo si alluda a qualche particolare delle rappresentazioni ricamate nel peplo offerto ultimamente. Pag. 225, v. 12. - Adombro due goffi giuochi di parole che sfoggiano il Paflagone e il Salsicciaio, fra elatir, una specie di focaccia, ed clàynein, spingere (le navi), e fra intera, interiora, ed enteróneia, coste nell’ interno delle navi. Pag. 226, v. 9. - Anche nel testo è la comica allitterazione. Pag. 230, v. 12. - Verso di un antico poeta ignoto. Pag. 23j v. 5. - Ci appena bisogno di rilevare il gustoso carattere di parodia tragica di queste ultime battute. Alcesti, nel dramma euripideo, lasciando la vita, diceva al talamo nuziale: « Sarai d’un’altra donna — non più casta di me: più fortunata ». Pag. 233, v. 9. - Fano, probabilmente, era il segretario particolare di Cleone. E la carica doveva fruttare. Pag. 233, v. 11.- Anche in questa spiegazione etimologica del nome s’ ha da ravvisare una parodia euripidea. Pag. 234, v. 3. - così Aristofane chiama spesso gli Ateniesi, per il loro rimanere a bocca aperta dinanzi al primo ciarlatano venuto. Pag. 235, v. 5. - Lisistrato e Tumanti erano due morti di fame; e la miseria del primo è ricordata anche negli Acarnesi.