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NOTE 275

NOTE 275 Pag. 199. v. 10. - I convitali, nei simposi, prima di sdraiarsi sui lettucci, deponevano le calzature in un’anticamera, un po’ promiscuamente. E chi doveva uscire per qualche improvvisa necessità,’ calzava il primo paio che gli capitasse, senza andar troppo per il sottile. Pag. 200, v. 5. - 11 silfio, molto usalo dai Greci come medicinale e come condimento, produceva, a chi non vi fosse abituato, gli effetti a cui qui si accenna. Che Cleone davvero influisse su un rinvilio di codesta derrata, non consta e non pare probabile. Pag. 200. v. 8. - Di Kópros, dice il testo: nome di un demo attico, che significava anche sterco. Pag. 201, v. 7. - Arte adoperata anche dall’adulatore di Teofrasto. Pag. 202, v. 5. - Quest’ ultima (rase è probabilmente interpolata. Ai cittadini facoltosi incombevo l’obbligo della trierarchia, cioè di armare e tener pronta ciascuno una trireme. Pag. 202, v. 20. - Si che abbia da incorrere in gravi oneri. Pag. 203, v. 5. - Cfr. v. 9 a pag. 164. E intorno a queste impre( cazioni tirate in lungo, vedi Origine ed elementi, pag. 191 sg. Pag. 203, v. 20. - così Popolo chiama gli Ateniesi, per la gran passione do essi nutrita per il triobolo, che percepivano funzionondo do giudici. Pag. 203, v. 23. - Come maestro di casa, il Paflagone aveva il sigillo con l’impronta del padrone, per concludere affari in nome di lui. Pag. 204, v. 7. - Nel testo è uno scherzo fra dèmos, popolo, e demos, grasso degli animali da macello. Pur traducendo alla lettera, rimane un giuoco analogo in italiano, pel significato traslato della parola bue (uomo sciocco). Pag. 205, v. 4. - Cleonimo, il sicofante vigliacco punto dappertutto nelle commedie d’Aristofane, era. tra altre qualità, molto vorace. E l’ingordo gabbiano poteva bene esser suo simbolo. Pag. 206, v. 7. - Invece di « querelerai », s’aspettava « inseguirai » o simili. Chi fosse Smicito non sappiamo. Ma Aristofane, per bollarlo cinedo, lo chiama Smicita e gli tribuisce un patrono come alle donne che, non avendo personalità giuridica, dovevano appunto nelle liti farsi rappresentare da un mallevadore. Pag. 207, v. 7. - Aristofane chiama così il pubblico tribunale. Nel Pireo v’era un bazar in cui si esponevano merci.