Pag. 60, v. 5. - S’intende che ii nome di codesto uccello è di
fabbrica diceopolidea.
Pag. 60, v. 8. Cfr. Crllìcae atque exegellcae animadoersiones,
pag. 149 sg.,
Pag. 60, v. 9. - A pag. 105, v. 3 Lamaco riceve dagli strateghi
l’ordine di partire subito per la guerra; mentre qui sembra stratego egli
stesso. Questa contraddizione, rilevata anche dallo Zielinski, in servigio
della sua nota tèsi sull’ agin, è dimostrata più apparente che reale dal
Weil (Ètudes sur le drame antique, 291-92), il quale crede che il
verso in questione non sia se non una parodia di un verso euripideo,
nel quale lo strategós sarebbe stato Agamennone. E quindi nel nostro
caso Lamaco non sarebbe stratego più di quanto Diceopoli sia pitocco.
Pag. 61, v. 5. - «Cuculo» era pei Greci sinonimo di sciocco;
e anche, pare, pei Latini. — Cfr. ’Crinummus, 2451: « Da mihi hoc,
mel meum, si me amas, si audes ». Atque ibi illecuculus: nocelle mi:
fiat — lstuc, et si amplius vis dati, dabitur ».
Pag. 61, v. 10. - Questi nomi sono formati dal poeta con alcune
radici, le quali tutte alludono alle varie trappolerie di tali incettatori
di missioni lucrose. In Tisamenfenippi è la radice faln, denunziare, che
accenna a sicofantia; in Geretoteodori si sentono suonare le due parole
dóron e ghéras, che ambedue significano dono; e v’ è allusione ai donativi onde molti di codesti uomini politici si lasciavano corrompere. In
Panurghipparchidi e in Diomeialazoni sono troppo visibili le due parole
panoùrgos, briccone, alazòn, fanfarone; traduco Birbipparchidi e Diospacconi. Gela e Catagela (ques’ultima inventata, e detta, contro l’aspettazione, invece di Catania) ricordano il verbo gelàn, ridere, con allusione alla ridicolezza di simili ambascerie. Camarina era il nome d’una
palude mefitica presso la città dello stesso nome; e i Greci avevano il
proverbio: non rimestar Camarina. Di Carete, che io rendo Beltempo,
non sappiamo nulla.
Pag. 62, v. 4. - Questi nomi sono foggiati in maniera da alludere al mestiere degli Acarnesi.
Pag. 62, v. 14. - Negli Uccelli, Poseidone, costretto a essere
compagno di ambasceria a un nume barbaro, il Triballo, esclama: « Dove
arriveremo, — democrazia, se i Numi mandano ambasciatore — un
tale scimunito? »