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l MONUMENTO A DANTE IN FIRENZE. LXXXVÌI dannato, calunniato, ridotto, nel dispregio che segue anco all'immeritata indigenza, a fremere di dolore e arrossir di disj)etto, avrebbe dalla sventura dedotte nuove forze all'in- gegno, e anch' egli alla volta sua giudicati, raa di ben altro giudizio, i suoi n-mici, e alla lontana posterità tramandato il puzzo della loro villana superbia e della codarda arro- ganza! Ma Baldo d'Aguglione si credeva di percuotere un iti vano e più inesperto di sé; reduce lo temeva, non esu- e; e il titolo di poeta, di dotto, non sarà stato nella sua mente che un altro titolo di disprezzo. E que' potenti d'Ita- lia, a cui la fama del nome metteva curiosa o boriosa voglia in sul primo, poi la povertà ben presto destava irriverente confidenza, e la severità de' modi o sdegno o sospetto; que' potenti d'Italia, che con sguardo di pietà insultatrice l'a- vranno veduto sedere alla mensa loro e mangiare il loro pane; come ne avranno in ogni atto spiati i pensieri, e frantesi, e interpretati al peggio, e preso ad onta il suo dolore, a noja la sua presenza, a scherno il suo senno! Quante volte, assetato di libertà, dalla stolta magnificenza di custoditi palagi, dallo schiamazzare di giocolari e di pa- rassiti, dalla pressa de' vili tumultuanti per adulazione ed ebbri di servitù, l'infelice sarà uscito quasi anelante con l'animo prostrato, non ritrovando più sé in se medesimo, sarà corso a sfogare il dolore nella solitudine fida; e quivi riavutosi, avrà ripigliati, quasi scultura intermessa, i suoi versi, e con accento disperato fattili risuonare per quelle stesse campagne che, ricreate dalla civiltà, dovevano an- cora dopo cinquecent'anni echeggiarne! Quante volte, nelle lunghe e povere peregrinazioni che lo facevano esperto de' costumi avviliti e delle irreparabili sventure d'Italia, in- contratosi in un viandante, e accompagnatosi ad esso, egli avrà conosciuto un concittadino, e con l'ansia dell'amore non corrisposto, l'avrà interrogato della divisa repubblica, della moglie, de' figli, degli amici, di quant'egli ignorava, e di quanto da gran tempo sapeva; e l'ira, il" dolore, assai più che l'accento, l'avran dato a conoscere per Fiorentino, per Dante Allighieri! Né la fama grande, né la riverenza sincera, e le ospitali accoglienze de' pochi degni di lui, va- levano a temperare l'inesausta amarezza de' suoi rancori: sospettoso, diffidente, torbido lo rendeva la sventura; mor- tilicato dalla esperienza lunga della propria impotenza, e tanto più intollerante ed altero; acre, severo, talor anco crudele contro la fama di chi lo aveva oltraggiato. Né tra' suoi sprezzatori e nemici eran tutti villani e vili: v'eran uomini provati anch'essi dalia sventura, educati a genti- lezza, atti a indovinare, se non comprendere, il pensiero e il cuore di Dante; e i coetanei li onoravan costoro, e nella