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LXXXIV MONUMENTO A DANTE IN FIRENZE. Se quando, in sul primo salire del sacro monte, l'infe- lice Poeta ascoltava da re Manfredi quelle parole dove al pastor di Cosenza è rinfacciato che, più rigido della divina giustizia, gettasse di fuori del regno le ossa del vinto ne- mico e le sperdesse alla pioggia ed al vento; se il cuore in quel punto avesse predetto all'esule che sarebbesi mi- nacciato il simile al suo proprio cadavere, dopo. solennemente sepolto! Se, quando, impaziente del lungo ed irritato do- lore, egli invocava sulla patria sua le armi d'Alberto e im- precava a colui la vendetta di Dio per aver lasciato in ab- bandono il giardino dell'imperio, lo spirito del Poeta avesse potuto vedere l'Italia del secolo decimonono, e vedere so- vra il bel fiume ci' Arno nel seno de\\i\r/rcm villa onorato il suo nome con più splendida pompa che non avrebbe ar- dito egli stesso desiderare! Ben gii dicevauna voce, che non per merito del grande amore che lo legava alla patria, non per mercè di nobili uffizii e di durati travagii, ma per la gloria del sacro suo canto, egli sarebbe con altra voce ri- tornato poeta. Ma se in uno di quegl' istanti terribili , quando il grande ingegno abbandonato dalla sua forza par che rimanga men cli^uomo, quando l'intensità del senti- mento infaticabile si profonda nel riguardamento delle mi- serie presenti e delle avvenire, quando l'ingiustizia degli uomini e la veemenza delle proprie passioni, quasi congiu- rando insieme, traggono l'anima a tale stato al cui para- gone la disperazione sembrerebbe un sollievo; se in uno di quegli istanti la voce del suo geni^ gli avess'e gridato: Tu ritornerai, ma non quando né come tu spori; e dal sepol- cro uscirà più potente e più sacra per antichità la tua vo- ce; e n'echeggerà tutta Europa; e i tuoi dolori, cittadino derelitto e mendico, saranno dell' intera nazione il compianto e la gloria!