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LXXVII DOTTEINF. POLITICHE DI DANTE. Il Poeta che con Lucano afferma le civili discordie mosse dalla ricchezza, eh' è la vilissima delle cose, non poteva né commendar né soffrire la nobiltà derivata da ricchezza so- la. E però loda i tempi quando Firenze viveva sobria e pu- dica. Quella era nel pensiero di Dante la stagione dell'ideale felicità, quando alle donne leggiadre e agli agi si mesce- vano i cavalieri valenti e i bellici affanni. Spenta, piutto- sto che degenerata, voleva egli l'antica nobiltà: e della nuo- va non a tiitti i rampolli malediceva, ma a quelli che re- putavano potersi l'onore delia stirpe da virtù scompagna- re; a quelli che in ricchezza ponevano studio soverchio, che è d' ogni nobiltà corruttore. E rammentava con lode gran- de la liberalità del Saladino, cui solo vide sedere in disparte tra gl'illustri del limbo, come se la liberalità avesse lui fatto salvo dalle fiamme infernali. Tra' liberali annovera egli anco quel Galasso da*Montefeltro che nel MCCXG an- dava podestà in Arezzo, domata dalla sconfìtta di Campal- dino, e s'interponeva tra Guelfi e Ghibellini conciliatore di pace. Dante, nel MCCXC nemico d' Arezzo, nel M(XCVIII mutato in parte, loda il podestà d'Arezzo ghibellina, né questa è la sola volta che a lui cada di commendare la vir- tù de' nemici. Più circa le persone che circa le cose (avver- timento importante a intendere le opere dell' Aliighieri). più circa le persone che circa le cose rinvengonsi mutabili e contradittorii i giudizii di Dante. E circa le persone stesse assai retta ne' contrarli giudizii è sovente serbata la nor- ma d'una leale equità. Bertrando di Hautefbrt è cacciato in interno come reo consigliere, ma lodato altrove come scrit- tore valente e com'uomo liberale; Carlo H, in tanti luoghi e per tanti versi vituperato come vile tiranno, è duo volte