Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/83

r-UELFI E GHIBELLINI. LXXV del Bembo, e ora a un'ampolla del secento, ora alla gioia rafìaellesca, or alla muscolosa gagliardia del Buonarroti, ora alle incalzanti svariate melodie del Rossini; per tutti gli sperimenti e pensieri ed aifetti trasporta il contemplante, e lo getta, quasi affannato da visione tra splendida e an- gosciosa, sulla soglia del tempio in cui si nascondono i mi- steri degli anni avvenire. Piangiamo le guelfe e le g ibel- line arroganze: delle guelfe e ghibelline glorie, là dove ci appariscono, col pensiero godiamo; ma non osiam ricreare il passato, non desideriamo all'Italia quella unità che dalla natura de' tempi e delle stirpi era alle sue provincie inter- detta. Pensiamo che guelfo, non ghibellino, era il germe di quella vita in cui le repubbliche del medio evo esulta- rono baldanzose; pensiamo che, senza il contrasto di quelle due forze, l'Italia giacerebbe forse tuttora nel letargo in cui l'abijandonava l'incuria de' suoi imperatori: pensiamo che, se Mario era plebeo, patrizio era Siila; ed era mo- narca Caligola, Romolo Augustolo anch' egli monarca: pen- siamo che, se le repubbliche del medio evo non fossero, l'Italia non avrebbe forse nò Dante nò Giotto. I popoli, per acquistare nell'avvenire, convien che smarriscano al- cuna cosa del passato, e la memoria si ristringa acciocché s' ingrandisca l'intelligenza. Ho detto che allo spirito guelfo noi dobbiamo l'ingegno di Dante Allighieri. Guelfo egli nacque, e Guelfo crebbe, Guelfo combattè. Guelfo amò. Guelfo governò la sua patria: infmo a mezzo il cammin della vita fu Guelfo. Come Ghi- bellino, egli odia; come Guelfo ama. La sua lingua stessa, che pur vorrebb' essere ghibellina, è guelfa tutta: e basta leggere senza pregiudizi! d'amore ne d'odio i libri della Volgare eloquenza per rinvenirne ivi stesso la prova. Or per conoscere quanto d'illiberale fosse di necessità nel ghibellinesimo dell' Allighieri, basta rammentare la let- tera da lui scritta ad Arrigo, quando, sceso in Italia, in- dugiava di venir a quotare con le armi gli odii della tu- multuante Toscana. Al santissimo trionfatore, egli. Dante Allighieri e i suoi consorti, baciavano i jnedi, e in lui ere- devano e speravano; e Dante rammentava con vanto quando le sue mani trattavano i piedi d Arrigo: « ed esultò in me lo spirito mio quando dissi fra me\ Ecco V agnello di Dio, ecco chi toglie i peccati del mondo. « Ed egli mede- simo, quell’Allighieri che in inferno cacciava, stranamente sbigottito e con la lingua tagliata, Curione, il qual vinse i dubbi di Cesare consigliandolo in Rimini alla guerra ci- vile, egli medesimo il consiglio di Curione ripete ad Arrigo col verso del suo Lucano. È si noti che Cesare alla guerra da Curione consigliata dovette la fondazione dell'imperio