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Lxyr NOBILTÀ' DI DANTE. Attesta il Boccaccio, trovata moglie alFAllighieri quale alla sua condizione era dicevole, d' una, cioè, delle più il- lustri famifrlie llorentine. Nò i parenti di lui erano uomini da non badare a tal cosa: né egli medesimo la nobiltà dei sangue spregiava. Enel poema grida contro la gente nuo- va che ha generato in Firenze dannoso orgoglio: ed è vero che quando, i nuovi ricchi non cercano lode per l'ampia via dello virtù cittadine ma per titoli vani o per predominanza d'uffizi, accrescono della nobiltà le piaghe, e ie diffondono per tutto quanto lo Stato. E cotesta è pure sventura dei tempi nostri; che, mentre la boria de' titoli nelle antiche schiatte viene scemando , cresce intanto una nuova mise- rabile aristocrazia di commerci tirchi, di sminuzzato sa- pere, di lusso mercatante, di vizii ragionacchiatori, d'iner- zia timidamente faccendiera. E però superbo ma non ine- scusabile è il lamento sulla cittadinanza fiorentina non più pura ma mista di terrazzani , e sul mal odore portato in città dal villano da Signa. E segue lagnandosi che, per questo travasarsi della campagna nell'antica città, ì conti Guidi, venduto ai Fiorentini il castello di Montemurlo (no- me per amare memorie famoso), venissero a soggiornare tra loro; che Valdigreve lasciassero i Buondelmonti, occa- sione, non causa, delle sette che dal MCCXV straziarono la terra, ed ebbero miserabile fine sotto gli artigli di Co- simo. Sempre, dice Dante, la confusione delle persone fu principio del male della città, come al male de' corpi il cibo indigesto: similitudine che vale un trattato. Perchè dimo- stra, 1 accrescersi degli Stati e il comiiicscolarsi degli or- dini sociali allora solo essere perniciosa cosa, quando i nuo- vi elementi non siano omogenei agli antichi, e, per dir così, digeriti; quando le nuove aggiunzioni, congiunzione non facciano ma discordia. E però dice che cieco toro cade più presto e più grave che agnello cieco. In queste due