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CANTO XXXIV 413 finii' apertura del sa^so scintillar ca. Sen , Her., Far , 814 : Poslqnam qualclitì stella. E dicendj cu' egli ed a' orai Taennri vcnlum, et ni- US-i a rivei-^ro le, steiln, di*e in- tor Percus<it ocnloi luci'i — Uicim- sitìioe ctie a'iora era n'il'e, e ben mo Alle falde d^'lla montaoria ar- preoara alla l^ilizia d'alia In^e. — riveranno, dice 1' Anonimo, neil' a- Belle. ìnf. , XVi — Porla. Nh| stuo scfnitnte del sf^nt) di Gemini, corso, secondo l'asifonomia toìemai- sotto cui nacque il Poeta. La struttura de' giganti gli è quasi braccio a misurare la stragrande* fi- gura dell' impor.ilore del bujo , e presentarne un' imaglne determi- nata, con i contorni nella grandezza rPllissimi: r>»ra potenza di perula, e tanto p ù r-'.r-d che s nza sforzo II rivolgersi eh' egl» fa sovente al bl- tore ; e comentare sé siys:w, può al- trove partire difetto; ma qui è aiuto all' iramaginizione altrui, li qu-tle da D l'ile é sorretta e abba.; i ta, come Dante ò da Virgilio m l'astro. Lr Ire facce del m^l son r|uasi la paro'iia della Tnad'*, Bene supremo; e, rappresentando le tre s'hialte umane, simbolej^giano (pi'»' mede- simo die il veCt'tMO dell' Ma, che ne' metalli ond' é formato, figura le età del mondo, e nelle J^gnme che iodi gemono, la colpa di quelle e la pena Lui-ifero, in dispregio del suo ribelle orgoglio, al Poeta appa- ris-e f,Hoovo (o, si 'come c-^d le dal cielo per rimanereotern.menie stret- to neil' ininif^nso fir^m^ df- l'i) sco- glio (ch'eirli forse trains-ò coli' im- peto della rovina sua. om*- fulmine), e nel plua.'cio sul q lale le sue ale si stendijno a perpeia irlo, i^er rin- fres'are ai tra'liio'i e a sé siessn il tormento. Sen/.' altra lib-^nà che di nuo<'ere iigli altri e a .«è, esli si trova (come è detto in un ver.so tio- tente del Parasi'sn) Da tìUd i pesi del mou'io co-itretlo, porta la gra- vezza di tutte le colpe e la pene , tutte in sa le concentra. Detto ver- rrio reo, come nelle Scritture Dra- gone; ma aggiuntovi che il ihondo jora, e lo fa essere quasi ffutio ba- calo. Il mettere B-ufo c^n Giuda ti-a' denti di Belzebù èconseguen/a del- l'opinione di Dante, che 1' impero di Roma fosse preparazione alla sede del Crisiiana^imo ; onde i nemici dell'Impero diventa. io .i lui nemici di Cri>;to Supriill'io avvertire che di Cesare a C isio ci corre; che B uto a ogni modo non tradì come Gi!ida; eoe, s'egli credelie, spe- gneo'lo un nomo, risust^itare la già fradicia ret-'ubbiici, non lo fece per zelò di farisno. e espos-^ in eampo la vita, innanzi che. rioneK-mdo la vinù, voUere in sé il proprio ferro; e Che. se la Provvidenza liivina de- duce ano dnl male die l' uomocom- mi-t'e ì suoi benelizi seni re mag- giori, da co lesto non segue die ali operai ri del male siano i benefat- tori degli Uomini, e veneiabili come li m'>*eri -ord'a di D'o Più t>o*"tic;i, perriié più vera, ima- ginazione è il fare che fier orrore del prio'doe dtdie tenebre, la terra fii'Zgìssedi là dove cadde, e ne inva- dessero il luogo le Hi-que, e quella si ievas-e nel monte deili espiazione, come per ricorrere a Dio. e a Dio condurre le anime indarno da Luci- fero insidiate.