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402 INPERNO parlare le sue vendette, forbita la bocca stillante di tabe; e il così forbirla contamina più e più, e insanguina l'anima. Ma queste sono le bellezze minori, e minori voleva il Poeta che fos- sero. L'intendimento suo é esyìresso chiaro. A vedere i due nella buca agghiacciati, nel segreto de'quali la passione eterna ribolle, domanda il perchè l'uno mangi dell'altro, e pn. mette che s'egli ha ragione di dolersene, il mondo ne risaprà la ragione; e il dannalo a tale pro- messa vince l'orrore del ritornare per quelle fiere memorie, acciocché infamia ne venga al nemico traditore. Saprai s'è' m'ha offeso, sem- plicità quasi ironica, ben più possente delle anime offense nel Canto della donna dannata per amore, più potente di quell'altre parole nella semplicità si accorate : il modo ancor m'offende. Che Ugolino morisse di fame, Dante già lo sapeva ; or quegli parla per raccontare le par- ticolarità segnatamente che fecero la morte sua più cruda , e queste non erano le comuni a chiunque muore affamalo. E per questo é più volte ripetuto in senso non corporeo la parola dolore : dolor del cuore (1) — disperato dolor, che 'l cuor mi preme — ambo le mani per dolor mi morsi — assai ci fia men doglia se tu mangi di noi — più che 'l dolor potè'l digiuno; dove nell'ultimo massiniamente le due virtù disiruggltrici, siccome ho dtito, ritrovansi contrapposte. Altro fon rap- poslo terribile è chiamare muda il doloroso carcere, l'orribi'e lorre, e far penetrare in quel buio per lunghi mesi il nolturno Inme della luna, e poi il giorno del sogno iin poco di raggio che fa scorgere al padre cinque morti imminenti. Sognano tutti sventura già estrpma, già prossima ; ma ciascuno sogna una fantasia sua, né essi forse lo dicono al padre per non gli mettere sgomento: e forse per non 'Japere essi stessi dipingere in parole que' terrori ineffabili; la quale varietà così ambigua lascia vagare il pensiero per più ampio spazio di spa- venti come per campo di desolazione uniforme. Egìi, il padre, narra il sogno suo, che gli rappsesenta il peggior d'ogni strazio; a quello spirito superbo e contaminalo di misfatti i nemici vincitori accaniti inseguenti Cagne magre ma conte, e la loro rinomanza e potenza troppo nota, gli fa il tormento più aculo. Non i tìgliuoli, ma esso Ugolino sente 1' inchiodarsi delTuscio, cioè intende il senso di quel suono che tulli ricevono per l'orecchio, ma non sanno che sia parola di morte, e di qual morie parola. L'ignoranza loro fa più rabbrividire il cuore del padre cheli guarda mulo per leg- gere a essi nel viso se siano accorti del vero , se ad essi incominci l'agonia, il cui calice egli ha nel pensiero già bevuto lutio; senza far mollo li guarda e poi si morde le mani, e al loro interrogare, che hai?, non risponde, e alla profferia di straziante pietà che- gli fanno, si cheta per non li martoriare vieppiù: e poi tacciono. E quando il primo gli cade a' piedi il padre non mette né grido né lamento ; e solo quando son lutti morti riha la parola dO|io perduta la vista; li chiama; Ire giorni li chiama. In mezzo a tale supplizio poteva egli raccorrei! pensiero nella sua propria fame, poteva egli ridire con lungo discorso quel che dalla fame patissero gli al; ri che slavano muti , o dicevano parole più penetranti l'anima d'ogni strido? E che poteva egli dire di più, se non che li vide morire, li vide morti. Scórsi per quattro visi il mio aspetto stesso ^ significa, se cosi piace , lo sfigurarsi che per la (1) Dolor, che'l cuor nà preme - di Dante, non rendere allonilo il senso. Pensando ciò ch'ai mio cuor s'annun- Però dice: Pensando quel... E di Riig- ziava. Egli vuole fav compiangere i pa- gieri: per l'effetto de' suo' nia' pensieri, timeulì del cuor suo, non del ventre; de' quali pensieri il dan«iato si vendica vuole acuire a compassione il pensiero rodendogli la te^ta là dove covarono.