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CANTO XXXIII. 393 21. E disser: « Padre, assai ci fìa men doglia » Se tu mangi di noi. Tu ne vestisti » Queste misere carni; e tu le spoglia. » 22. Quetàrai allor, per non fargli più tristi. ^ Quel dì, e l'altro, stemmo tutti muti. Ahi dura terra, perchè non t'apristi ? 23. Poscia che fummo al quarto dì venuti, Gaddo mi si gittò disteso a' piedi, Dicend<f^ « Padre mio, che non m' aiuti ? » 24. Quivi morì. E, come tu mi vedi, Vidi io cascar li tre, ad uno ad uno Tra 1 quinto dì e il sesto. Ond' i' mi diedi, 25. Già cieco, a brancolar sovra ciascuno : E due dì gli chiamai poi eh' e' fur morti. Poscia, più che '1 dolor potè 'i digiuno. — 26. Quand'ebbe detto ciò, con gli o^chi torti Riprese il teschio misero co' denti, Che furo all' osso, come d' un can, forti.' -21. (SD Veiliifi Parole eh' aoco i nipoti potevano volgere al pudre <1el padre loro — Miniere. .Ei., Il: .Mise- ro»' morau dep'i>^ciuir aititi. L-i voce mUero e in Virgil o e in D uite ri- torna più volte coUonata in modo maestro, e sovente posposta ove par più potante. — Curni M<>dob t»U o. (Fi Spoglia. «iiy-Osi ; SpoQliare il corpo Aiitj i!i Vili de anima : Cor- poribas cxulie. 22, (L) Q'ietàmi ♦ mi quetal. (SL) Tira. .En . X: Aut quae jam stalis ima dehi^cat Terra rìnhi ? [C] Nam., XVl Daian e Abiron, in- goiati dalla terra ; non i figliuoli di Core. 23. (L) Cadcfo : un figliuolo. — Che: perchè. 24 (SL) Vedi. Cosi disperato, affa- mato, lanjiut-nie, coA intirizzito di debolezza e d'orrore. 25 (L) Cicco di fame. — Polé uc- cìdeimi. (SL). Brancolor. Per conoscere s'eran vivi , o pfr molo d'uomo vi cino a morire. — Chiamoi Constava dunque a mangiarli. — Potè il do- lore mi tenne in vita , la fame mi spense. Buti : Dopo gì i otto dine fa- ron cavali, e portati, iniiluppafi nelle stnore, al luogo ddli frali mi- nori a S. Francesco, e sotterrali nel monurnento ch'e •dialo ogii scaglioni, a irio'itare m chit'sa dalla ^arle oel chio'^tro, co' /«/ri a yambi: li quali ferri di' io cavati dal ditto thonu- men'o. (b") Potè La famp, secondo Galeno (D* sanit. menda. IV), dissec<'a; il dolore concemra gli nmori E un sentimento morale rombaite sovente un Corporeo e lo fa men cocente. Il prof G Snlitro ingegnos.-imenie in- terpreta: fi La menta raccolta nel suo dolore, dallo siinimento aU'uliimo mi fu tolta. Sola I' agenda mi soltra.sse al sentimento di l^nto dolore. » C'è un' idea di più, 'he a 'ntendere; dalla fame morii. Ma nell'ali ra inter- jjreiazione c'è un altra ide ; il dolore combatiè con la fame, lo spirilo col corpo, per più sira/io d'entrambi. 26 i^L) Fotti Ugolino fu uomo fe- roce: e fr-iì nt'l b' agl'io di pugna e un nepoie(>i^rihè ghconsigiiava prov- vedesse di vettovaglie la citta, so- spettando non quegli aderisse- a'suoi nemici. Questo nepoie fu da lui ma- ritato a una figlia del conte Gnìdo di Caprona (Tionci, Ann. Pi.s.,^287): onde non fu di quelli che perirono nella torre.