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308 INPERNO driito, dice 11 Poeta quasi per far piacere alla maestà di Falaride, e rammentando quel d'Ovidio: Nequp, enim lex acquioruUa: Quamne- cis artifìces arte perire sua lì). Un'altra similitudine mezzo storica è quella di Silvestro ctiiamalo da Costantino a {ruarir della lebbra; della lebbra che Fazio dejrll Liberti ctiìa ma ijprrr'O, quasi vaticinando, o pìul- to-^lo da tradizione antica dediK-endo l'orlfrine df^lla scabbia e d'j^l.'rì simili mali. Giovava notare nel verseggiatore geografo questa scoperta dell' acarws fatta senza microscopio nel microcosmo. Mano mano che avanza, il popma arricchisce di allusioni erudite. Di geografia sino ad ora non abbiam trovato che cenni ; nel Purgato- rio vedretno pompa di geografiche notizie e di fisiche; 11 Paradiso sarà quasi tutto teologico: ciò non solo perché co-^ì richiedeva l'argo- mento, ma perchè con gli studli dell'esilio cresceva la dottrina, e l'a- mor di mostrarla a rimprovero insieme e ad onore della patria nemica. Senonchè la geografia, qui come nel Purgatorio, >ra quasi inevita- bile per dar a conoscere le diversità delle circostanze e la divi- sione del tempo nel quale finge il Poeta di ritrovarsi lagfrlù negli an- con cne i^.nea inanima i suoi a sostenere resiiio e r incerto avvenire (dell'avvenire che è più arduo viaggio e più feconda scoperta che quella di mondi nuovii, stentala dello stile, è però del concetto tanto più alla della virgiliana, quanto portava il lume della verità rivela- tasi a Dante, in b:>cca ad Ulisse gli è un anacronismo che fa a calci con la storia, ma un anacronismo nel meglio, non noi peggio, sic- come tanti di quelli che noi facciamo, e che vorremmo fare se Dio ci lasciasse. Non era d' Ulisse il chiamare i compagni suoi fratelli né frati, né la vita picciola vigilia de' sensi (2), né distinguere J sensi dal rimanente della vita, né raccomandare che ad essa vita non si neghi, quasi debito, l'esperienza del vero, e che si consideri la se- amenza umana come titolo di dignità comune e all'eroe semideo e ai suoi marinari distinguere cosa per que' tempi più difficile ancora che il senso dal sentimento, la conoscenza dalla vii tu : distinzione tra l'intendere ed il volere, <he, rosi netta come noi la vediamo, è rive- lazione cristiana, e spiega tanti misteri dell'umana natura, e che nel poema dantesco perciò ap[iunto ritorna frequeu'e. Confessiamo per altro che nella parlata virgiliana d' Enea a' suoi compagni, l'inde- terminato per variOi casus, per tot discrimina rerum (3), é più poe- tico nel modo e più artifìziosamente oratorio di crn'omilia perigli ; e il dabit Deus, il fata ostentant, e il fas resurgere (che pure ha qui senso di fato, cioè non di cosa soltanto che sia lecito credere ed ope- rare, ma che religiosamente è da sperare e da compiere) , sono bel- lezze più che pagane rivelate a'I' anima di Virgilio , e da meritargli quasi la lode datagli nella commedia, che si'ppe tn'to. Bellezze men alle ma moralmente profonde e d'arte più che oratoria sono in quei pochi versi di Virgilio eziandio le sepruenli : il non dissimulare la gravità de'mali passati, e farne argomento a speranza, e richiamando il coraggio de' primi tempi, con la pietà e con la lode meritata rin- frescare gli spirili: Neque enim ignari sumus ante ma'omm, pausi graviora; il trasportare nell'avvenire più lieto I pensieri stanchi, e (1) Art. Am.. I. tori .^ Nonnulla fuga di lali minuzie (2) Picciola vi>giHa - orazion pircio- pongono la bellezza gli scrittori grandi. la - compugna picciola; tre piccoli in (3) Ain.f I. si piccolo spa/.io, che ne dicono i rct-