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CANTO XX. E 43. E già iernotte fu la luna tonda: Ben ten' dee ricordar; che non ti nocque, Alcuna volta, per la selva fonda. — Sì mi parlava: e andavamo introcque. i3. (L) Non ti nocque : ti gnMò in- nanzi chf il sole sorgf-.sse. — Alcuna : una. — Introcque : intanto. {SL) Alcuna, per una: come sopra alcun loco (lerz. 38) Qualche p^k'crjo difesi a Corfù. —^ Selva. l^km visione dei nundo eterno il Malespini romincia. Ei'<endo a cac- ciare per lo bosco si smarrì da sua gente (Gap. 48). E cosi la visione di un certo Tedesco di cni rozinnm. — Fonia. Ain., Vii : Sylcae .. pto- luìidue C'esc, X, 33 : Siepe fonda. ìioM.: Fondissime selce. —Introcque. Inter hoc Antica voce fiorentina usa- ta dal volgarizzatore di Livio. Dante la giudica non i/fujtre nella Volgare Eloquenza. Di qui si vede che il poe- ma suo non è scritto nella lingua detta da lui cortigiana. Non avrebbe Dante agi' indovini e ai magiii assegnata una bolgia se molli al suo tempo non erano cre- duti gì' indovini e i maghi, e S" ta- luno non credeva forse sé ste-so, come accade nel contagio de' pregia- dizii umani per f<)rz<4d' imitaziofie e di fantasia. Virgilio^ che altrove in- segna al poeta temperarsi dalle in- terrogazioni impronte, e dai preciià- tosi giujizi del senno altrui, e dai sospetti e timori irragione\o!i; qui gli rimprovera le lagrime di passionata pietà verso questi d nnati, sebb^n^ il giudizio divino con uguale giustizia punisca e qat^siì a i lascivi, al tor- mento d^^' quali Dante seu/a rimpro- veri di Viririlio, è vinto di pietà e quasi smarrito, poi di %>ielà viene meno. Il canto prenie le forme qua e là del trattato: e l'amore alla patria di Virgilio si distende troppo, come fa il Mincio, in una geografica esposi- zione di luoghi noti, noti e agli Ita- limi e a stranieri pur troppi. L'accenno alle trasformazioni di Tiresia prende la favola oscena trop- po alla lettera ; né so se a scusa ser- virebbe l'andare arzigozolando che in esse trasformazioni simboleggiasi, o la doppiezza fallace de' falsi pro- feti, o le umiliazioni alle quali ogni frodolento assoggetta sé medesimo, o il vano riluttare allo Spirito che spi- ra là dove vuole il che sii antichi adombravano nelle trasformazioni di Proteo, e Virgilio nel dibattersi della Sibilla angos'iioso. Ma da! Canio qua e la la poesia, roiiie luce da nuvole acquose, brilla. Il ruìnare d'\nlìarao, e le alture di Luni fanno pittura ; le altitudini dei corpi stravolli, scultura nuova, e non deforme nella mostruosità.